In questa guida spieghiamo come coltivare il Kaki nell’orto.
Il kaki o diospiro o loto (Diospyros kaki) è un albero della famiglia delle Ebenacee. Originario della Cina, è stato introdotto in Italia a fine ‘800 e si è diffuso rapidamente. Albero rustico e longevo, offre una buona produzione di frutti ricchi di vitamine e Sali minerali. La coltivazione del kaki è perfetta per un frutteto o orto familiare e non richiede particolari cure o attenzioni.
CARATTERISTICHE BOTANICHE
Esistono tre specie principali di kaki
-Diospyros kaki: la specie più comune e coltivata, presenta frutti che vengono consumati
-Diospyros lotus: resistente al freddo, viene usato come ornamentale o come portainnesto
-Diospyros virginiana: presenta frutti piccoli e viene usato come portainnesto negli USA.
Il frutto è una bacca che può contenere fino a 8 semi oppure non presentarne affatto. I frutti non possono in genere essere consumati subito dopo la raccolta perché molto ricchi di sostanze tanniche.
ESIGENZE AMBIENTALI
Il kaki, tipico di ambienti temperato – caldi, non sopporta le gelate tardive e i freddi invernali eccessivi. Anche il vento può essere dannoso perchè causa la rottura dei rami, che sono abbastanza fragili. Per quanto riguarda il terreno, sono da prediligere i suoli sciolti, fertili e ben drenati, in quanto sensibile ai ristagni idrici.
COLTIVAZIONE
Preparazione del terreno
E’ consigliabile lavorare il terreno in autunno, alla profondità di 15 – 20 cm, apportando letame oppure compost alla dose di 4 – 5 chili per metro quadrato. Si possono quindi fare le buche nelle quali andranno impiantate le piantine acquistate in vivaio.
Impianto
Il periodo migliore per l’impianto del kaki è l’autunno, con piante di 2 anni acquistate in vivaio. Se si vogliono più piante è consigliabile piantarle ad una distanza di 6 metri l’una dall’altra, in modo che possano crescere liberamente.
Le tecniche di propagazione per il kaki non si discostano da quelle impiegate per gli altri fruttiferi, queste sono la riproduzione per seme (ottenimento di portinensti), la propagazione per innesto per l’ottenimento di astoni, per talea e per micropropagazione (queste ultime due tecniche poco utilizzati ai fini commerciali). La produzione di semenzali non pone particolari problemi: semi del D. lotus sono prelevati da frutti maturi e, dopo adeguata stratificazione, sono direttamente seminati in semenzaio (15-20 cm nella fila e 60-100 cm tra le file), per essere innestati l’anno seguente quando le piante sono ancora in fase di dormienza o all’inizio della fase vegetativa. I tipi di innesto più utilizzati per la propagazione del kaki sono quello a triangolo, a linguetta e, raramente, a corona; negli ultimi anni il chip budding viene utilizzato anche per il kaki. In genere l’innesto è praticato a circa 20 cm dal colletto o, in zone più esposte ai freddi invernali, a 70-100 cm per attenuare gli eventuali danni causati dalle gelate invernali.
Cure colturali
-Irrigazione: Il kaki va assistito con irrigazioni in tutto il periodo estivo per evitare un eccesso di cascola (caduta) di frutti e/o la loro spaccatura più o meno profonda. Il sistema di irrigazione più indicato è sempre quello sotto chioma per non bagnare le foglie e prevenire l’insorgenza di eventuali malattie fungine che si sviluppano più facilmente sulla vegetazione bagnata.
-Potatura: Per un frutteto di famiglia la forma di allevamento conveniente per un albero di kaki è comunque rappresentata da un vaso più o meno libero, costituito da un tronco di circa 1 metro di altezza provvisto di tre branche; queste, a seconda del comportamento della varietà, risultano più o meno inclinate (30-45 gradi di apertura). Ogni branca è provvista di sottobranche con sviluppo decrescente via via che si procede verso l’alto
Un albero di kaki allevato in questo modo può arrivare, a completo sviluppo, a un’altezza da terra di circa 4-5 metri e a una larghezza di 6-8 metri. Le distanze di impianto sono di metri 7-8 tra i filari e di metri 4-6 tra le piante.
L’allevamento di una pianta di kaki può durare 5-7 anni. Si ricordi che, essendo il kaki molto sensibile alle gelate tardive, è opportuno effettuare la potatura secca poco prima dell’apertura delle gemme. Così facendo si ritarda, sia pur di poco, il germogliamento e la pianta potrà sfuggire più facilmente al danno da gelo.
Il primo anno è conveniente guidare lo sviluppo iniziale dell’albero. Nelle zone con clima invernale mite la piantagione può essere effettuata in autunno; nelle aree del Centro-Nord conviene invece effettuarla finito l’inverno. A fine inverno (marzo-aprile), poco prima della ripresa vegetativa, l’astone va spuntato a circa 120 cm da terra. In seguito, in prossimità del taglio di spuntatura, sorgeranno vari germogli. Tra questi in maggio se ne devono scegliere tre che siano di analogo sviluppo e ben distribuiti nello spazio, in modo da formare tra essi angoli di circa 120°; tutti gli altri germogli devono essere cimati. Nel kaki non ha molta importanza ottenere rami con ampio angolo di inserzione, poiché la scosciatura è relativamente rara.
In settembre. prima che il legno indurisca troppo, si può, se occorre, migliorare con tiranti o divaricatori la direzione dei tre rami scelti.
Nella primavera del secondo anno i tre rami destinati a formare le branche principali vanno accorciati, più o meno, a metà della loro lunghezza. Dei germogli che si sviluppano sotto il punto di taglio. quello sono da una gemma vicina al taglio volta verso l‘esterno si
lascia crescere liberamente. in quanto destinato a continuare la formazione della branca, tra gli altri si sceglie quello più robusto e diretto in fuori (con ampio angolo di inserzione) per formare la prima sottobranca. Gli altri germogli eventualmente presenti devono essere cimati perché non facciano concorrenza ai due prescelti.
Se per caso nel primo anno si fosse sviluppato dall‘astone un solo ramo, lo si ritaglia a I0-15 cm dalla base ricominciando l‘allevamento. Nel caso se ne fossero sviluppati due. si elimina il più debole o quello peggio diretto e si taglia l’altro come appena indicato,
A fine stagione (settembre) si potrà di nuovo perfezionare la direzione delle branche e la loro inclinazione. utilizzando opportuni divaricatori e/o tiranti. Lo stesso può essere fatto con i rami scelti per formare le sottobranche.
Le cure iniziali sopra descritte sono sufficienti per impostare un allenamento equilibrato dell‘albero, allevamento che può essere continuato attraverso il razionale diradamento dei rami nelle parti alte della chioma eseguito ogni anno in marzo o aprile per favorire lo sviluppo di ulteriori branche. Queste potranno raggiungere un totale di tre o quattro per branca a seconda della vigoria dell’albero.
-Concimazione: per una produzione familiare, in un terreno di media fertilità, il kaki\7 non ha bisogno di particolari cure; gli è però molto utile il letame o altro concime organico (se non l’avete distribuito in autunno, spargetelo in primavera alla dose di circa 3 kg per metro quadrato). Ricordiamo che il letame può eventualmente essere sostituito dalla pollina bene stagionata, in quantità di circa 1/3 rispetto alla dose di letame sopra indicata. Alle piante vecchie o indebolite risulta utile in primavera una concimazione azotata con solfato ammonico-20 in quantità di 350 o 700 grammi per albero, a seconda che abbiate o no avuto la possibilità di somministrare in precedenza il letame. In inverno (novembre-dicembre) per gli alberi in produzione può essere utile un apporto di 500-600 grammi di perfosfato minerale-19 e di 350-450 grammi di solfato di potassio-50 .
Se si verifica insufficienza di magnesio (ingiallimenti tra le nervature delle foglie alla base dei rami con frutti, nel periodo di luglio-agosto) conviene irrorare la chioma una o due volte a distanza di 8-12 giorni con solfato di magnesio in dose di 2 kg per 100 litri di acqua. Se si verifica insufficienza di manganese (oltre agli ingiallimenti nelle foglie si notano, al margine di queste, piccole macchie bruno-nerastre, sempre nelle foglie alla base del ramo) irrorate la chioma una o due volte a distanza di 8-12 giorni con solfato di manganese in dose di 300 grammi per 100 litri di acqua, aggiungendo 400 grammi di calce idrata.
RACCOLTA
La raccolta si esegue tra ottobre e novembre, quando cadono le foglie
Il distacco dei kaki si effettua impugnando il frutto con la mano, rovesciandolo parzialmente verso la base del ramo e imprimendogli un movimento in senso antiorario, altrimenti, ma l’operazione diviene più sicura, anche se più lenta, tagliando il peduncolo o gambo del frutto con le forbici da potatura.
I frutti non possono essere consumati subito. E’ infatti necessario un periodo di ammezzimento del frutto. In genere viene fatto maturare in cassette con paglia, in un locale asciutto e fresco. La presenza nello stesso locale di mele accelera il processo di maturazione. A maturazione avvenuta i frutti sono molli e dolci, senza alcuna traccia di sapore tannico. Vengono generalmente consumati entro gennaio – febbraio.
AVVERSITA’ E DIFESA
In un orto familiare, il kaki non presenta grossi problemi per quanto riguarda la difesa fitosanitaria. Tra gli insetti che possono arrecare danno ricordiamo la sesia (Synanthedon typuliformis) e la mosca della frutta (Ceratitis capitata).
CONSERVAZIONE
I frutti delle varietà di tipo «mela»(come per esempio Hana Fuyu, O’ Go-sho, Fuyu, Jiro), se tra fine settembre e ottobre le temperature sono state piuttosto elevate, possono essere consumati subito. Quelli delle altre varietà devono, come spiegato in precedenza, subire l’ammezzimento e vanno pertanto disposti su stuoie o in plateau a uno strato, con il calice in basso, possibilmente separati l’uno dall’altro, in un ambiente fresco e asciutto il più possibile. Può essere conveniente utilizzare contenitori alveolati, ma gli alveoli devono avere misura sufficiente a evitare che i frutti si tocchino tra loro.
Se volete accelerare l’ammezzimento per anticipare la maturazione potete introdurre una cassetta di mele nell’ambiente di conservazione: le mele emettono etilene, gas che accelera l’elimina-zione delle sostanze tanniche che rendo-no i frutti immangiabili. Quando il consumo non è urgente, i kaki si dispongono su una stuoia, sempre col calice in basso e separati, in un ambiente freddo e ventilato, lasciando che l’ammezzimento, e quindi la maturazione, avvenga progressivamente e tollerando che, in molti casi, i frutti perdano turgore e forma regolare; ma in questo caso risulteranno particolarmente dolci. Se poi volete conservarne addirittura per la primavera, potete porre qualcuno dei frutti pronti per il consumo nel surgelatore, che ne mantiene intatta la sapidità; l’unico accorgimento è quello di consumarli al più presto dopo averli scongelati.