Negli anni ’80, dopo il successo nella coltivazione e commercializzazione del kiwi, in Italia è sorto un grande interesse per la coltivazione di frutti esotici ed inusuali. È stato allora constatato che nelle zone costiere della Sicilia possono essere coltivati il litchi, il mango, la guava, il babaco, il banano, la noce di macadamia, e tanti altri fruttiferi esotici. Per non parlare poi dell’avocado, dell’annona cherimoya e della fejoia, che sono leggermente più rustici e a volte si spingono anche al nord dell’Italia, in posizioni protette e favorevoli.
Purtroppo, tutto l’interesse iniziale sembra essersi fermato da tempo a quello stadio embrionale, e pochissimi sono stati quelli che hanno avuto il coraggio di provare su scala commerciale – tranne qualche coltivatore pioniere (a Fiumefreddo di Sicilia e ad Alcamo vi sono delle piccole lussureggianti coltivazioni di mango).
Bisogna chiarire che, anche se di solito con piante tropicali e sub-tropicali intendiamo le piante esotiche e quindi insolite e rare, in fondo lo sono anche i limoni, le arance, i fichi d’india e i pompelmi, considerate ormai locali. A questo proposito, la Sicilia – insieme alla California e all’Australia del sud – è considerata una delle regioni con più esotismi al mondo!
Naturalmente, non essendo io un addetto ai lavori, non mi sento certo di consigliare di intraprendere un’attività commerciale su larga scala (me ne guardo bene!) sui fruttiferi tropicali, però mi chiedo: perché chi ha un piccolo giardino, soprattutto al Sud, non dovrebbe considerare l’idea di ospitare delle specie tropicali e subtropicali, oltre alle solite mele, pere, pesche, ciliegie.
Si tenga presente che molti frutti tropicali, oltre ad aggiungere alla nostra tavola più colore e varietà, maturano durante il nostro periodo autunnale e invernale, e pertanto garantirebbero maggiore disponibilità di frutta fresca in un periodo che ci offre tradizionalmente poca scelta. Avremmo, inoltre, la certezza che fosse stata portata a maturazione correttamente, e con minore probabilità che siano stati usati pesticidi – che magari fuori della Comunità Europea sono permessi (e perché no pure auto-prodotti con metodi biologici?).
Io sono un appassionato (non un esperto o addetto del settore) di piante tropicali e sub-tropicali, che coltivo nel giardino di casa mia, ai piedi dell’Etna. Finora ho ottenuto dei buoni risultati con mango (Mangifera indica), macadamia (Macadamia integrifolia e Macadamia tetraphylla, conosciuta anche come noce del Queensland), avocado (Persea americana), banano (Musa paradisiaca), guava (Psidium guajava e Psidium cattleyanum), zenzero (Zingiber officinale), cannella (Cinnamomum vera), jaboticaba (Myrciaria cauliflora), papaia (Carica papaia, Vasconcella quercifolia e V. pubescens), maracuja (Passiflora edulis, P. ligularis, P. mollissima e P. quadrangularis), carambola (Averrhoa carambola), canna da zucchero (Saccharum officinarum), tamarindo (Tamarindus indica) e tante altre piante esotiche ancora.
Per incoraggiarvi, e per contribuire ad aiutare chi vorrà cimentarsi in questa impresa difficile (ma non impossibile per chi abita in una zona con clima mite), vi racconto soprattutto le mie impressioni, le mie esperienze e le mie considerazioni personali per la scelta della varietà delle piante, del sito e della loro acclimatazione, e aggiungo due brevi schede di coltivazione sull’Annona cherimola e sul Frutto della Passione. Ritengo così di fare la cosa più utile, visto che su Internet è facile trovare schede botaniche e di coltivazione, spiegazioni dettagliate sulle classi di rusticità, e tanto altro materiale – col difetto, però, che non sono “tarate e collaudate” col nostro clima ed il nostro territorio.
Rusticità e zone climatiche
Prima di parlare d’acclimatazione, vorrei fare un piccolo accenno al clima, alla rusticità delle piante e alla loro classificazione in base alle aree climatiche. Uno dei sistemi di classificazione più diffusi è quello proposto dal Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti (USDA), che si basa esclusivamente sulla media dei valori minimi annuali di temperatura registrati in un certo numero d’anni, nei mesi più freddi. Nella rete è possibile trovare mappe climatiche con le zone USDA per gli Stati Uniti, per l’Europa e l’Australia.
Guardando la mappa USDA, sembra quasi che l’Italia sia una zona tropicale: purtroppo, le cose stanno diversamente! Anzi, sconsiglio chiunque di utilizzare la mappa così com’è – pena il rischio di subire tremende delusioni in seguito all’eventuale strage di piante tropicali delicate.
Ma allora dove sta l’errore, ci si potrebbe chiedere? Non si tratta di un errore, ma dell’uso di parametri diversi, che si adattano meglio alla realtà USA. Grosso modo, la differenza sta nella durata delle ondate di freddo invernale; ciò si potrebbe evincere semplicemente esaminando le temperature medie invernali, che da noi sono solitamente più basse.
Insomma, se in una tale città degli USA sono registrate minime uguali ad una tale città italiana, secondo il metodo USDA le due città appartengono alla stessa zona climatica. Però, dopo un esame dei dati termici, si scopre che da noi le ondate di freddo durano parecchi giorni, mentre negli USA sono più sporadiche – e magari durano solo poche ore prima che le temperature risalgano sensibilmente.
Quindi la classificazione e la mappatura climatica USDA è da buttare? Secondo me no, perché – anche se non è sicuramente una delle più precise e non è tarata bene sulla realtà del clima mediterraneo (estati asciutte e calde, inverni freddi e umidi) – essa rimane in ogni caso uno strumento immediato per valutare la possibilità di sopravvivenza di una pianta in determinate zone. Inoltre, la classificazione USDA è una delle più diffuse e semplici da applicare.
Personalmente, tengo sempre conto della zona USDA dichiarata, però quando devo valutare l’adattabilità di una pianta tropicale delicata, cerco di usare il buon senso nella sua applicazione. Come prima cosa, valuto la zona USDA locale basandomi su dati a lungo termine della temperatura media dei mesi più freddi (per esempio sul sito del Servizio Agrimeteorologico Siciliano, su quello del CLIMAGRI, oppure su Weatherbase). Fatto questo, scalo cautelativamente di un gradino la zona USDA ricavata, tranne che non vi siano presenti condizioni microclimatiche particolarmente favorevoli o sfavorevoli.
Un altro tipo valutazione la faccio in merito alle temperature massime ed alla capacità di resistere alla siccità. Infatti, un errore ricorrente riguardo alla coltivazione di piante tropicali, è quello di pensare che esse risentano solo delle basse temperature. Sfortunatamente, una buona parte delle tropicali risentono negativamente delle temperature molto alte (sopra i 35 °C) – purtroppo per noi che abitiamo al Sud, dove spesso superare i 40 °C in estate è la norma.
Solo dopo tutte queste valutazioni posso dire se il clima è favorevole alla coltivazione di una data pianta, o se mi trovo in una condizione marginale, prossima alla rusticità dichiarata (e pertanto rimediabile con semplici accorgimenti d’acclimatazione e di protezione invernale ed eventualmente estiva), oppure se l’impresa è senza speranza.
Scelta delle piante e messa a dimora
Trucchi nella scelta
Se non si vuole andare incontro a cocenti delusioni (e comunque chi non ha mai commesso quest’errore scagli la prima pietra…) è fondamentale informarsi prima se esistono in commercio delle varietà o selezioni “dwarf” (portamento nano, che non solo la fa esporre di meno ai venti freddi, ma dovrebbe comportare anche una fioritura e fruttificazione più bassa) e/o più rustiche delle altre. Uno degli errori più comuni, per esempio, è usare i semi ricavati dai frutti acquistati al supermercato, che solitamente provengono da varietà ultra-tropicali, o peggio affidarsi a vivai poco seri, o – peggio ancora – a vendite massive negli ipermercati.
A meno che la pianta non sia stata acquistata in primavera, è meglio farla svernare in un luogo riparato. Dopo aver acquistato una pianta, non farsi prendere dall’impazienza, trapiantandola immediatamente, ma farla acclimatare bene prima di metterla a dimora. Io normalmente tengo le piante per un paio di settimane al riparo del sole diretto, fatta eccezione di quello del mattino presto.
Collocazione
Bisogna sempre valutarla bene prima dell’impianto, considerando se la pianta è da ombra o da pieno sole, le sue necessità idriche, la sua resistenza al vento, ecc. Di solito sono da preferire posizioni riparate dal vento, e vicine ad una parete o muro esposto a sud se vogliono pieno sole in estate, oppure sotto un patio o alberi spoglianti in inverno, se vogliono ombra in estate.
Trapianto
Generalmente, metto in fondo alla buca d’impianto un letto di pietre, in modo da aumentare il drenaggio, e aggiungo anche un po’ di terriccio fatto da me miscelando 1/3 di terra da giardino, 1/3 di sabbia e 1/3 di torba (eccezion fatta per papaia, cannella e zenzero, dove metto più sabbia). Le piante che soffrono fatalmente il marciume radicale (papaia e babaco) le metto sollevate dal terreno, su una cunetta.
Protezione invernale
Nella mia zona, solitamente le temperature medie minime inferiori a 12 °C iniziano da metà Novembre e finiscono a metà aprile. Questo è un periodo critico per la maggior parte delle tropicali, e quindi ne proteggo le fronde ed il tronco con del tessuto-non-tessuto. È importantissimo che il tessuto sia molto distanziato dalle foglie (questo si può ottenere creando un’opportuna intelaiatura), pena vedere queste ultime cucinate dal sole invernale. In alternativa, quindi, meglio non coprire!
Inoltre, se se si tratta di pianta soggetta a marciume radicale, come la papaia, copro il terreno con della plastica, e tra il terreno e la copertura aggiungo 5 cm di pacciame organico (questo perché anche le radici sono molto sensibili al freddo), per mantenere il terreno più asciutto possibile.
Due casi particolari – Annona e Frutto della Passione
Annona cherimola (Annonaceae)
Descrizione. Albero di piccola taglia a chioma piuttosto disordinata, predilige climi sub-tropicali freschi, sopporta sporadiche gelate ma è un poco meno rustico degli aranci. Non ha esigenze particolari per la tipologia di suolo. Cresce bene sia in pieno sole che in ombra parziale. Per una maggiore resa solitamente si procede alla impollinazione manuale. I semi contengono alcune sostanze tossiche.
Coltivazione. Semina: 2.5 cm profondità, germinazione in 20-40 gg, trapiantare le piantine quando raggiungono i 25 cm Coltivazione: proteggere dai venti forti (meglio se piantato a ridosso di un muro o patio), vuole un terreno ben drenato, proteggere dalle gelate le piantine giovani, annaffiare frequentemente “solo” in estate. Fertilizzazione: frequentemente con 8-8-8 NPK, una volta a metà inverno, quindi ogni 3 mesi. Potatura: pesante, durante il periodo di dormienza. Tagliare di 2/3 i rami della crescita dell’anno precedente, lasciare solo rami che si biforcano da 60 a 90 gradi rispetto al terreno, creando una struttura ricadente.
Passiflora edulis (Passifloraceae)
Nomi Comuni. Granadilla , Maracuja
Descrizione. La Passiflora edulis è originaria di un’area che va dal Brasile del sud attraverso il Paraguay fino in Argentina del Nord. La varietà a frutto giallo è di origine sconosciuta (forse proviene dalla regione Amazzonica, dove è nato un ibrido fra P. edulis e P. Ligularis, anche se gli studi citologici non hanno mai ammesso tale teoria!). In Australia la varietà a frutto viola già fioriva ed era parzialmente naturalizzata nelle zone costiere del Queensland prima del 1900. Attualmente la pianta è diffusa anche nella California del Nord, come San Jose, la zona della baia di Monterey e della baia di San Francisco.
La varietà a frutto viola è subtropicale, e preferisce un clima esente da gelate. Tuttavia, ci sono cultivar che possono sopportare senza seri danni anche temperature inferiori a 0 °C. Le piante possono perdere alcune delle loro foglie negli inverni più freddi, ma le radici ricrescono spesso, anche se la parte superiore è appassita. La pianta non si sviluppa bene se la calura estiva è troppo intensa. La varietà a frutto giallo è tropicale o quasi-tropicale, ed è molto meno tollerante al gelo. Entrambe le varietà hanno bisogno di essere protette dal vento forte. In generale la quantità annuale di pioggia dovrebbe aggirarsi almeno intorno agli 89 cm. Le piante danno dei buoni esemplari in vaso ma richiedono una attenta manutenzione. Rendono bene anche all’interno.
Coltivazione. Semina: 1 cm profondità, germinazione in 10-20 gg, trapiantare le piantine quando raggiungono i 25 cm Coltivazione: pieno sole (meglio se a ridosso di un muro o patio), qualunque tipo di terreno, arrampicare su qualunque supporto, proteggere dalle gelate, annaffiare frequentemente in estate, soprattutto durante la maturazione dei frutti. Fertilizzazione: frequentemente con 10-5-20 NPK applicato 4 volte l’anno Potatura: leggera, inizio primavera.