In questa guida spieghiamo come coltivare la Clematis
Le Clematis appartengono alla famiglia botanica delle Ranunculaceae, la stessa di Peonie, Ellebori, Anemoni e Aquilegie; sono piante perenni e possono essere rampicanti, erbacee o legnose; a foglia caduca o sempreverde.
Si tratta di un genere che comprende centinaia di specie e varietà originarie delle più svariate zone del globo. Unitamente ai numerosissimi ibridi, nati dalla dedizione di appassionati come Henderson e George Jackman già a metà del 1800, e successivamente introdotti da altri ibridatori, le Clematis offrono agli amanti del giardino circa un migliaio di scelte possibili, differenziate per colore, forma del fiore, tipo di fogliame, profumo, portamento e periodo di fioritura.
Inoltre, se si lasciano andare a seme, molte clematidi rimangono attraenti anche dopo la fioritura, in quanto la capsula che si forma al posto del fiore è molto decorativa.
La vera caratteristica comune a tutte le Clematis è l’enorme profusione di fiori, che hanno una particolarità piuttosto affascinante per i botanici: quelli che attraggono i nostri occhi, così come quelli degli insetti, non sono i petali, bensì sepali. I sepali delle clematidi, infatti, invece di essere le ‘classiche’ foglie modificate di colore verde a formare il calice, assumono le colorazioni e le forme più svariate.
Il termine Clematis deriva dal greco klema che significa “viticcio”. Proprio come un viticcio, il picciolo delle loro foglie subisce modificazioni tali da avvolgersi al supporto che gli viene fornito, per rimanerci ben saldo.
Capita che non trovando altro sostegno, i vari tralci, nella loro crescita giornaliera, si avvolgano tra di loro, ma senza potersi difendere poi dai venti o dalle più avverse condizioni atmosferiche, da cui l’importanza di fornire loro posizioni e sostegni adeguati.
In Italia, l’utilizzo di queste piante nei giardini è ancora molto limitato. Spesso ci si sofferma esclusivamente sugli ibridi con grandi fiori appariscenti, trascurando – ed è un peccato – le specie, le loro varietà, e le erbacee che sono comunque molto generose in fioriture e profumazioni, nonché facili da coltivare.
È solo da pochi anni che alcuni vivai hanno cominciato a prendere in considerazione le Clematis in modo apprezzabile, offrendo ampie ed interessanti scelte per tutti i giardini, grandi e piccoli, e per tutte (o quasi) le località.
Una caratteristica molto importante di queste piante è, infatti, la loro capacità di adattamento alle condizioni climatiche più disparate del nostro paese. Gran parte delle clematidi resiste benissimo alle temperature invernali molto rigide del nord Italia (fino a diversi gradi sotto lo zero) così come alcune si adattano alle roventi temperature estive del nostro Sud.
Nel resto della guida troverete alcune indicazioni su come scegliere e come coltivare con soddisfazione le Clematis. Il primo passo e’ quello di scegliere una varietà adatta al clima e alla posizione scelta. Dopodiché, vedremo come effettuare un buon impianto, e come procedere alle cure colturali per mantenere la pianta in salute. Per concludere, troveremo indicazioni su come moltiplicare le Clematis per talea, per per propaggine e per seme.
Come Coltivare Clematis in Vaso
Molte varietà di Clematis sono eccellenti per crescere in contenitori, quindi la possibilità di coltivarle è data anche a chi non possiede un giardino, o a chi voglia disporle sul balcone, sul marciapiede intorno a casa, in cortile, ecc…
Il contenitore utilizzato dovrebbe essere piuttosto capiente, di profondità e diametro non inferiori rispettivamente a 45 cm e a 30 cm circa. Più grande è meglio è ovviamente. I materiali preferibili sono la terracotta, il legno e la pietra, perchè questi offrono una buon isolamento alle radici dalle calde temperature estive, e dalle gelate invernali. Il fondo del contenitore deve avere ampi fori per la fuoriuscita dell’acqua; nel caso non fossero sufficientemente ampi, sarà meglio allargarli.
Per l’impianto in vaso, va benissimo un substrato poroso arricchito con materia organica (letame, compost, ecc.). Ai fini di un ottimo drenaggio, si provveda a sistemare sul fondo uno strato di ghiaia o di argilla espansa, dopo aver protetto i fori di scolo con dei cocci o con una retina plastificata.
La pianta va sistemata al centro del vaso, lasciando che il colletto giaccia per 5/10 cm sotto il livello del terreno. Si devono lasciare circa 5 cm di bordo superiore vuoti, sia per facilitare un’innaffiatura abbondante, sia perché tutta la superficie andrà ricoperta con uno strato di ghiaia, pomice, o argilla. Questo permetterà di tenere protette le radici, e di preservare il più al lungo possibile l’umidità sottostante.
Terminato l’impianto, occorre immediatamente sistemare un supporto per l’arrampicata della clematide. Se il vaso si trova in una posizione isolata e solitaria, il supporto potrebbe essere un cono di canne di bambù o vimini. Se il vaso è accostato ad un muro, andranno bene un traliccio di legno o di vimini, oppure una rete o dei fili plastificati.
Le cure di mantenimento della Clematis in vaso sono le stesse indicate per quelle in piena terra, che vedremo in seguito, ma in questo caso occorrerà essere meticolosi e costanti nell’effettuare le necessarie innaffiature e concimazioni. Infatti, al contrario di quanto accade per gli impianti in piena terra, le clematidi in vaso non hanno alcuna possibilità, di soddisfare eventuali esigenze idriche o nutritive a cui noi non abbiamo provveduto.
Per una buona coltivazione in vaso, possono essere utili ancora un paio di consigli. In estate, occorre impedire il surriscaldamento del contenitore: questo può essere ottenuto circondando il contenitore della Clematis con altri vasi contenenti piante di altezze adeguate a limitare il periodo di soleggiamento. In inverno, occorre fare in modo che le radici non gelino: se questo rischio esiste, è bene proteggere il vaso con pannelli di polistirolo o di compensato, qualora non fosse possibile spostarlo in un luogo riparato. Infatti, per quanto la maggior parte delle clematidi sopporti benissimo temperature rigide, il gelo alle radici (più facile in vaso che in piena terra) potrebbe creare danni letali.
Infine, la cosa più importante è scegliere con attenzione la varietà giusta. Alcune tra quelle idealmente più adatte allo sviluppo in vaso sono: ‘Comtesse de Bouchaud’, ‘Dr Ruppel’, ‘Etoile Violette’, ‘General Sikorski’, ‘Hagley Hybrid’, ‘Jackmanii’, ‘Madame Julia Correvon’, ‘Madame Le Coultre’, ‘Monte Cassino’, ‘Mrs. Cholmondeley’, ‘Multi Blue’, ‘Nelly Moser’, ‘Niobe’, ‘Polish Spirit’, ‘Rouge Cardinal’, ‘Royalty’, ‘Snow Queen’, ‘The President’, ‘Ville de Lyon’, ‘Vino’, ‘Warszawska Nike, ‘William Kennet’ e tutte le cultivar del gruppo atragene e del gruppo viticella.
Sono invece da evitare le Clematis montana, a causa del loro vigorosissimo sviluppo.
Come Coltivare Clematis su Recinzioni
Le Clematis sono rampicanti ideali per adornare le recinzioni di confine, di frequente costituite da reti metalliche o plastificate (supporto perfetto, quindi). Alcune varietà sono in grado di coprire diversi metri di recinzione nell’arco di un solo anno, creando in questo modo un magnifico riparo dagli occhi indiscreti, ma anche dalla polvere delle strade.
Il vantaggio delle clematidi non riguarda solo la velocità di sviluppo, ma anche il ridottissimo spazio che necessitano nel senso della profondità. Sono quindi un candidato ideale per i piccoli giardini, che non riuscirebbero a contenere una siepe arbustiva.
Ovviamente, se si vuole un aspetto affascinante durante l’intero anno, occorrerà prediligere le clematidi sempreverdi, quali le C. armandii e le C. cirrhosa. Tenete comunque presente che la bellezza del loro fogliame si preserva solamente nei climi miti, o comunque in zone riparate da venti freddi e gelate. Se si scelgono clematidi non sempreverdi, potrebbe essere una buona idea alternarle lungo la recinzione con altri tipi di rampicanti sempreverdi.
Se ci si attende un risultato di schermatura molto rapido, sono consigliate la C. orientalis ‘Bill Mac Kenzie’ e la C. vitalba ‘Paul Farges’ (eventualmente saranno necessarie potature di contenimento negli anni successivi, se le piante eccedessero l’area a loro destinata). Se invece si può pazientare due o tre anni, qualsiasi altra varietà di Clematis darà ottimi risultati.
Come Coltivare Clematis su Supporti Artificiali
La bellezza di tutto il giardino può notevolmente essere aumentata coltivando clematidi sui vari generi di strutture quali pergole, supporti conici di bambù o vimini, tralicci, archi, cancelli, grate o treppiedi.
Essendo molto flessibili, le Clematis possono essere guidate facilmente per svilupparsi lungo la figura del supporto.
La loro attitudine a svilupparsi vigorosamente e l’alto valore ornamentale danno loro un ruolo prominente in un giardino, occupando poco spazio, e nello stesso tempo producendo rapidamente l’effetto desiderato.
Gli ibridi del gruppo tangutica, del gruppo vitalba e del gruppo di viticella sono perfettamente adatte a questo fine, se lo si vuole raggiungere in breve tempo, anche se in realtà, è la prerogativa di ogni clematide.
Come Coltivare Clematis su Supporti Naturali
Le clematidi sono perfette per crescere su supporti ‘viventi’ quali rose, arbusti, cespugli o alberi… sono compagni di vita anche in natura, quindi è certamente una modalità molto affascinante quella di replicare questa simbiosi anche nei nostri giardini.
Esse compensano le loro lacune stagionali di fiori, fornendo il colore quando altri fiori stanno difettando, oppure possono creare abbinamenti di colori fiorendo in contemporanea al supporto, creando effetti unici e molto originali.
Occorre, tuttavia, tenere presente le modalità ed i tempi di sviluppo di entrambi, onde evitare errori non solo estetici ma anche in grado di pregiudicare la vita di entrambi.
Dato che le Clematis gradiscono un terreno leggermente alcalino, sempre umido e ben drenato, se l’arbusto o l’albero utilizzati da supporto non avessero le medesime esigenze, quindi poca acqua ad esempio, non è necessario escludere l’abbinamento… sarà sufficiente interrare, in prossimità della Clematis, un vaso vuoto o un tubo con della ghiaia sotto l’estremita interrata, per poter effettuare delle innaffiature e delle concimazioni mirate esclusivamente alle radici della Clematis, creandole una condizione ottimale senza contrastare con le esigenze del suo supporto naturale.
Gli ibridi e le specie a fioritura tardiva, potate drasticamente a primavera (potatuta gruppo 3), sono l’ideale per questa modalità di coltivazione, in quanto la loro crescita stagionale, a partire da poco sopra il livello del terreno, si adeguerà autonomamanete allo sviluppo contemporaneo del supporto naturale, insinuandosi nella sua chioma, ma mettendo sempre in mostra i propri fiori che naturalmente si affacceranno per cercare il sole e la luce.
Piccoli arbusti
Le Clematis ideali sono quelle del Gruppo Integrifolia. Si tratta di un gruppo di Clematis erbacee perenni, i cui steli non lignificano, ma muoiono ad ogni inverno per poi rigenerarsi dalle gemme radicali ad ogni primavera (allo stesso modo di tutte le piante erbacee perenni quindi); quasi tutte le varietà appartenenti a questo gruppo si allungano da poco meno di 1 metro fino ad un massimo di 2 metri, e sono dotate di graziosi fiori di taglia piccola, in tantissime tonalità a seconda della cultivar. Alcuni esempi: C. integrifolia, C. integrifolia ‘Alba’, C. integrifolia ‘Rosea’, C. integrifolia ‘Olgae’, C. integrifolia ‘Arabella’ e, oltre ad altre, la bellissima Clematis x durandii (ibrido naturale tra C. integrifolia e C. ‘Jackmanii’)
Arbusti e alberi di taglia media
Sono ottime le seguenti Clematis: C. ‘Comtesse de Bouchaud’, C. ‘Duchess of Edinburgh’, C. ‘Ernest Markham’, C. ‘Etoile Violette’, C. ‘Polish Spirit’, C. ‘General Sikorski’, C. ‘Hagley Hybrid’, C. ‘Gipsy Queen’, C. ‘Jan Pawel II’, C. ‘Jackmanii’, C. ‘Star of India’, C. ‘Madame Julia Correvon’, C. ‘Ville de Lyon’, C. ‘Mad. Le Coultre’, C. ‘Warszawska Nike’; se non si desidera una copertura molto fitta del supporto, ma più delicata e leggera, si potrà scegliere tra le varietà del gruppo viticella (come ‘Little Nell’, ‘Betty Corning’, ‘Emilia Plater’, ‘Kermesina’ or ‘Purpurea Plena Elegans’), ma anche tutte le cultivar del gruppo Atragene (Alpina), del gruppo texensis e del gruppo integrifolia (quelle a sviluppo più vigoroso come la C. integrifolia ‘Hendersonii’ e la C. integrifolia ‘Blue Boy’ ad esempio) .
Alberi alti
La scelta migliore è quella di varietà molto vigorose come: C. ‘Bill MacKenzie’, C. ‘Paul Farges’, C. montana var. rubens, o C. ‘Lambton Park’
Conifere e alberi sempreverdi
Certo che il tocco di colore che le clematidi possono dare a queste piante con i loro splendidi fiori, è davvero affascinante! Le varietà dovrebbero essere scelte abbinando il colore dei fiori al fogliame del supporto, ed il tasso di crescita di entrambe, secondo la regola generale che più debole è la conifera, meno vigorosa e densa dovrebbe essere la clematide scelta.
Le piante con fogliame verde-cupo si sposano piacevolmente con le varietà di Clematis dai colori pallidi quali: C. ‘Comtesse de Bouchaud’, C. ‘Hagley Hybrid’, C. ‘Mrs. Cholmondeley’, C. ‘Nelly Moser’; inoltre tutte le cultivar del gruppo viticella o del gruppo di atragene creeranno una scenografia spettacolare.
Le conifere e i sempreverdi con fogliame argenteo daranno un effetto splendido se intrecciate con le varietà dai colori brillanti, come la C. ‘Kardynal Wyszynski’ dai fiori rossi
Le piante a foglia gialla si mescoleranno armoniosamente con le Clematis a fiore blu come la C. ‘Mrs Cholmondeley’ e tantissime altre.
Poi il resto lo fa la nostra fantasia e il nostro gusto…la scelta non manca! Una cosa tecnica importante però bisogna rispettarla: occorre piantare la clematide possibilmente sulla facciata nord dell’albero, questo le consentirà di avere la base sempre all’ombra e d è fondamentale, come poi vedremo in seguito. Inoltre, occorre sempre tenere presente una distanza d’impianto che andrà dai 40 ai 100 cm, a seconda delle dimensioni e della forma dell’apparato radicale dell’albero. Questa distanza sarà ‘colmata’ da un sostegno di raccordo tipo canne di bambù o altro, purchè la Clematis possa raggiungere l’albero agevolmente soprattutto nei primi anni di crescita, poi con il tempo, quando la chioma della Clematis si sarà intessuta con quella dell’albero, si auto-sosterrà senza problemi.
Come Coltivare Clematis come Copri Suolo
L’utilizzo delle clematidi come copri-suolo è davvero insolito dalle nostre parti, mentre in Inghilterra e in altri paesi nordici, dove queste piante sono ben più note ed utilizzate, vengono impiegate anche con questa funzione ottenendo risulati magnifici. Basta scegliere le varietà erbacee o semierbacee e farle crescere senza supporti, dopo aver ripulito accuratamente il suolo dedicato da erba, infestanti, impurità, ecc. In alcuni punti del giardino possono sostituire con successo il prato, adornare la base di alberi e arbusti, arricchire splendidamente bordure e aiuole, creando insolite moquette ricche di colori.
Tuttavia, per realizzare i risultati migliori, occorre tener conto della posizione, dell’esposizione, del formato della zona da ricoprire e della crescita delle piante vicine. A seconda dei nostri bisogni, potremo scegliere tra Clematis piuttosto vigorose o Clematis a portamento simile a quello di piccoli cespugli.
La Clematis heracleifolia ‘Praecox’ è considerata tra le migliori per questo utilizzo; si tratta di una semi-erbacea molto resistente sia per luoghi soleggiati, sia per la semi-ombra, nonchè pochissimo esigente di cure e attenzioni, che creerà un tappeto denso di fogliame verde scuro, in grado di sopprimere la crescita delle erbe infestanti, e che in estate si colorerà di lilla con tantissimi fiorellini riuniti in grossi panicoli. Se l’area da coprire non è molto grande, potranno essere utilizzate anche le cultivar del gruppo integrifolia come la C. ‘Arabella’.
In caso di siti più ampi, è meglio utilizzare le varietà del gruppo atragene, viticella e tangutica, ma si tratta di varietà un pò più esigenti in termini di posizione, esposizione.
Come Coltivare Clematis per Fiori Recisi
Forse non ce lo aspettavamo, ma le clematidi possono essere ottime anche per i fiori recisi. Le loro ricche tonalità, unite a steli delicatamente sinuosi, possono arricchire i vasi dentro casa, o galleggiare in ciotole trasparenti colme d’acqua, creando un effetto molto sofisticato ed elegante.
Per prolungare la durata dei fiori recisi occorre prepararli con cura: selezionare steli legnosi o semi-legnosi con nuovi fiori aperti per non più del 70% circa; eliminare la maggior parte del fogliame, per limitare la traspirazione, ed immergere tutto il ramo scelto (fiore compreso) in una grande ciotola piena di acqua fredda per circa 10-12 ore, prima di metterle definitivamente nel contenitore scelto per loro. La durata di questi fiori poi, può variare da 3 a 14 giorni anche in funzione della varietà scelta.
Le migliori varietà per il fiore reciso sono:
Bianco
C. ‘Duchess of Edinburgh’, C. ‘Isago’, C. ‘John Huxtable’, C. ‘Marie Boisselot’ (‘Mevrouw le Coultre’), C. ‘Toki’, C. ‘Snow Queen’.
Azzurro
C. ‘General Sikorski’, C. ‘H.F. Young’, C. ‘Lasurstern’, C. ‘Mrs. Cholmondeley’, C. ‘Vyvyan Pennnell’, C. ‘William Kennet’.
Viola e porpora
C. ‘Daniel Deronda’, C. ‘Julka’, C. ‘Monte Cassino’, C. ‘The President’, C. ‘Warszawska Nike’, C. ‘Xerxes’.
Rosa
C. ‘Barbara’, C. ‘Caroline’, C. ‘Carnaby’, C. ‘Comtesse de Bouchaud’, C. ‘Dr Ruppel’, C. ‘Hagley Hybrid’, C. ‘Hania’, C. ‘Nelly Moser’, C. ‘Piilu’.
Rosso
C. ‘Kardynal Wyszynski’, C. ‘Niobe’, C. ‘Ville de Lyon’, C. ‘Westerplatte’.
Capsula decorativa
Alcune varietà, come ad esempio tutte le specie botaniche di Clematis e le erbacee perenni, sono inoltre adatte ad essere recise anche per le attraenti capsule di semi che prendeno il posto dei fiori a fine stagione, e che costituiscono elementi molto affascinanti delle composizioni di fiori secchi, con la loro forma globosa e il loro effetto setoso al tatto.
Tra le Clematis dalla capsula più decorativa, si possono trovare esempi in alcuni ibridi a grande fiore, in alcune specie botaniche ed erbacee. Negli ibridi a grande fiore, C. ‘Asao’, C. ‘Capitan Thuilleaux’, C. ‘Kacper’, C. ‘Lasurtern’, C. ‘Mrs. Cholmondeley’, C. ‘Nelly Moser’, C. ‘The President’, C. ‘Vyvyan Pennell’). Tra le specie botaniche, C. atragene ‘Blue Bird’, C. atragene ‘Cecile’, C. atragene ‘Frances Rivis’, C. atragene ‘Markham’s Pink’, C. atragene ‘Pamela Jackman’, C. atragene ‘Pink Flamingo’, C. atragene ‘Ruby’, C. atragene ‘White Swan’, C. atragene ‘Willy’, C. sibirica, C. tangutica ‘Aureolin’, C. tangutica ‘Bill MacKenzie’, C. tangutica ‘Lambton Park’. Tra le erbacee, C. integrifolia ‘Alba’ e C. integrifolia ‘Rosea’.
Come Coltivare Clematis all’Ombra
Le Clematis hanno un bisogno fisiologico di ombra alla base, poiché le radici devono rimanere sempre fresche e dipanarsi in un terreno umido e fertile. Secondo gli studi dell’International Clematis Society, esistono comunque alcune varietà che possono adattarsi sufficientemente bene anche all’ombra totale, purchè molto luminosa, sulla chioma.
Le varietà con cui si può tentare un tale habitat sono: tutte le C. alpina e le C. macropetala; C. ‘Barbara Jackman’, C. ‘Bees Jubilee’, C. ‘Comtesse de Bouchaud’, C. ‘Dawn’, C. ‘Dr. Ruppel’, C. ‘Fairy Queen’, C. ‘General Sikorski’, C. ‘Guernsey Cream’, C. ‘Hagley Hybrid’, C. ‘H.F. Young’, C. integrifolia, C. ‘Jackmanii’ (non Rubra o Alba), C. lanuginosa Candida, C. ‘Lincoln Star’, C. ‘Margaret Hunt’, C. ‘Miss Bateman’, C. montana rubens, C. ‘Moonlight’, C. ‘Mrs. Cholmondeley’, C. ‘Nelly Moser’, C. ‘Niobe’, C. ‘Perle d’Azur’, C. ‘Silver Moon’, C. ‘Snow Queen’, C. ‘The President’, C. ‘Twilight’, C. ‘Victoria’, C. ‘Wada’s Primrose’, C. ‘Will Goodwin’, C. ‘William Kennett’
Come Coltivare Clematis in Clima Mediterraneo
Per iniziare, quando io parlo di clima caldo o meglio mediterraneo “pieno”, intendo dire il clima di quelle zone dove non gela mai, o lo fa solo sporadicamente; diciamo per capirci i climi e i microclimi in cui i limoni rimangono fuori tutto l’anno.
‘Mediterraneo fresco’ sarebbe il clima in cui vivono gli olivi, ma può farci anche freddo (-1/-5°). Questa è una divisione molto rozza ma pratica. Il dibattito su cosa sia davvero mediterraneo si trascina da tempo, intendiamoci, solo un pazzo taglierebbe fuori le colline toscane o l’entroterra della Provenza. Ma diciamo che le mie riflessioni sulle clematidi in questo caso sono destinate proprio alle zone calde; zona 9-10 della carta USDA (che però è molto generica, di solito per l’Italia da Bologna in giù mettono un’unica zona, accorpando le vette degli Abruzzi con la costiera Amalfitana).
Molto spesso sento amici e colleghi di mania giardinistica lamentarsi perché, a loro dire, nei climi caldi (diciamo al Centro-sud, con il massimo delle lamentazioni concentrato nel Sud e nelle isole) le clematidi proprio non vengono, niente da fare. È in linea di principio vero che le Clematis, per la maggior parte, siano piante da climi freschi. Tutti abbiamo negli occhi le immagini dei giardini inglesi con cancellate e pergole grondanti clematidi nei più affascinanti toni del viola, del blu, del rosa.
ppure, due delle specie abbondantemente usate per le ibridazioni sono originari dei climi caldi: la Clematis texensis, che come dice il nome viene dal Texas, e la Clematis viticella, che non per niente è nota ai giardinieri del Nord come Clematis mediterranea o italiana. A queste possono aggiungersi alcune specie di origine orientale, (la migliore è C. terniflora, Sweet Autumn Clematis per gli americani, erroneamente chiamata C. paniculata, dalla Nuova Zelanda) poco note e quasi irreperibili da noi, ma protagoniste di giardini in climi molto simili al nostro.
Andiamo con ordine. La prima cosa come sempre è iniziare dal terreno. Tutte le Clematis vogliono ottimo drenaggio e abbondanza di materiale organico, quindi bisogna provvedere a fornire entrambi, aggiungendo alla buca di impianto ghiaia, rocce, lapillo (o comunque quello che si ha, che possa evitare letali ristagni) e materiale organico; nonché, come tecnica di routine, pacciamatura abbondante.
Ricordo che quando ero a Ninfa i vecchi giardinieri usavano coprire il piede di tutte le Clematis ogni inverno con uno strato solido di letame neanche tanto maturo (forse di 6 mesi). È una pratica piuttosto pericolosa, perché si rischia di innescare il mefitico disseccamento (il Clematis Wilt), ma se questo non subentrava, che clematidi ne uscivano! Stiamo , è vero, parlando di un posto con un microclima simile all’Inghilterra, ma questa tecnica arcaica potrebbe essere comunque seguita, da chi ha la materia prima a disposizione, con l’accortezza di usare letame ben maturo e di non toccare mai gli steli della pianta.
Comunque: materiale organico nella buca d’impianto, ben mischiato. Pacciamatura, sempre, fondamentale per evitare gli improvvisi colpi di caldo estivi (aumento di temperatura più brusca asciugatura del terreno) che ammazzano le Clematis nel giro di pochi minuti. Pacciamare con foglie, sfalcio di erba del prato (rigirato spesso!), composto, rifiuti del giardino sminuzzati, pietre e ghiaia: tutto va bene purchè la base sia coperta.
Poi bisogna avere alcune accortezze per la posizione, ed è qui che spesso noi giardinieri mediterranei commettiamo errori fatali. Il vecchio detto “piedi all’ombra e testa al sole” va preso con cautela, perché se è vero che collocare le radici all’ombra è fondamentale, il sole mediterraneo, come sappiamo, può dare alla testa.
Mai collocare una clematide contro un muro, magari imbiancato, che rifletta il sole implacabile, arrivando a creare intorno a sé una sacca di aria calda che per molte ore è sui 40°. Mai su una bella ringhiera che guarda ad esempio verso ovest, perché il sole arrostirà lentamente la povera Clematis da mezzogiorno alle sette di sera. E la ringhiera, se è in ferro, diventa incandescente! Fate la prova, prima di piantare: collocate in estate un termometro da esterno – di quelli che hanno minima e massima – nella posizione che vi piacerebbe, e controllate! Le temperature a mezzogiorno possono essere tragiche. I muri a nord e ad est sono i migliori nei nostri climi. Va bene una pergola dove magari la Clematis cresca con altri rampicanti che la aiutino; va bene un portico luminoso, una mezz’ombra, una ringhiera che prenda qualche oretta di sole magari di mattina.
Sono molto belle anche sugli alberi, ma attenti: le Clematis non amano la competizione di fitte radici superficiali.
Tra gli alberi vanno bene, anzi benissimo come effetto ornamentale, il tronco di un ulivo, o la base di un cipresso, ma poi dovete ingegnarvi a dare alla clematide l’umidità di cui ha bisogno, che è maggiore di quella richiesta dall’ulivo e dal cipresso (in questi casi tenetevi minimo a mezzo metro dal piede dell’albero!) ma l’accoppiata con olivi e cipressi appunto va bene; infatti questi due alberi non competono con la Clematis come sviluppo radicale (profondo il cipresso, che non la disturba; l’olivo forma un ciocco anche enorme sotto il tronco, ma lascia sacche di spazio a qualche distanza dallo stesso in cui si possono piazzare clematis strategiche) quello che può creare problemi sono le diverse esigenze idriche.
Ancora: i disseccanti venti caldi, le sciroccate (ma anche le libecciate, le maestralate…) sono nefasti per le nostre clematidi. Scegliete una zona riparata, o intessetele con altre piante che le proteggeranno; le erbacee perenni, i cespuglietti etc. non creano competizione perchè comunque la clematide ha le radici più profonde.
Insomma, interpretando il detto con saggezza, collochiamo la Clematis in una posizione molto luminosa, ma non la sottoponiamo a lunghe ore di sole cocente. Ricordiamoci che per molte piante i 30° (non nell’aria, ma sulla loro superficie fogliare) sono il limite al di sopra del quale iniziano i danni fisiologici da caldo, e se l’esposizione è prolungata e coinvolge buona parte della pianta questi danni si manifestano subito con appassimento, bruciature, deperimento generale dopo di che gli enzimi che controllano la crescita si disattivano e la pianta muore.
Infine, al caldo molti dei pigmenti che determinano i colori dei fiori iniziano a subire mutazioni varie, o si scompongono, per cui molte colorazioni non sono stabili al sole, e questo è particolarmente visibile in molte delle varietà a grandi fiori. Ancora una volta, le varietà che hanno la Texensis e la Viticella tra i genitori si mostrano più affidabili per noi giardinieri mediterranei in questo senso; ma una posizione di luce filtrata, o di ombra pomeridiana, sarà sempre da preferire per non far sbiadire i fiori.
Impianto di una Clemantis
La scelta
Quando si acquista una di queste piante, la cosa migliore da fare è osservare la sua base, piuttosto che l’altezza o l’eventuale fioritura.
Nonostante che i fiori ci diano l’idea della colorazione vera della Clematis, cosa che difficilmente è possibile riscontrare sulle foto dei cartellini identificativi, dalla base del contenitore possiamo constatare la robustezza e la vigoria della pianta.
Tanti più getti sono presenti, tanto più si tratterà di un prodotto di qualità, anche se, a dire il vero, è raro trovarne con più di due!
Un’altra cosa importante è acquistare Clematis con il relativo cartellino, che indichi, oltre al nome, la ditta di provenienza, il gruppo di appartenenza… insomma tutto ciò che può rassicurarci su un acquisto corrispondente alle nostre aspettative.
L’esposizione
La condizione indispensabile per lo sviluppo sano e vigoroso di una Clematis è quella che le consente di tenere l’apparato radicale in un suolo umido e fresco (ma non bagnato), la base all’ombra e le parti alte preferibilemte baciate dal sole del mattino.
Quindi, potendo scegliere, è meglio prediligere l’esposizione ad est/nord-est, soprattutto se ci troviamo al Sud, perchè ciò che le clematidi temono più di ogni altra cosa è il calore intenso.
Se ci troviamo al Nord, possono andare bene anche l’esposizione ad ovest o a sud, purchè siamo in grado di mantenere il suolo e la base sempre umidi e freschi, con appositi accorgimenti che poi vedremo.
La buca
Nel luogo prescelto per la Clematis, occorre scavare una buca di circa 50X50X50 cm, e se la posizione è vicino ad un muro o ad un albero, fare in modo che la pianta venga posizionata ad una distanza minima di 30-40 cm, tenendo conto di questo nella preparazione della buca.
Poiché un eventuale ristagno idrico sarebbe letale per la pianta, occorre spaccare con una forca o una vanga il fondo della buca, inframmezzandolo con cocci, lapillo, ghiaia o tutto ciò che assicuri stabilmente un buon drenaggio. Inoltre, è importante incorporare al suolo del fondo (non gettare come uno strato a se stante) una massiccia quantità di letame ben maturo, che comunque non potrà essere l’unico apporto organico a disposizione della clematide.
La buca andrà riempita, infatti, con un composto quanto più soffice, poroso e ricco di materia organica possibile, in modo da stimolare la capillarizzazione, ovvero la crescita di radicine fibrose e sottili, idonee ad assorbire i nutrienti. Così facendo, le piccole radici troveranno nutrimento abbondante ed immediato sin dalle prime fasi dello sviluppo, le più importanti.
Il letame (e così qualsiasi altro materiale organico, torba, compost, ecc.) dev’essere accuratamente mescolato al terreno, per alleggerirlo ed omogeneizzarne la struttura, creando così un substrato ideale per le radici, che in questo modo arriveranno “preparate” al momento di affrontare il terreno grezzo circostante la buca.
Il letame impellettato, benchè simile al letame maturo come apporto nutritivo, è disidratato, pressato e concentrato, e quindi non consente un’omogenea modificazione strutturale della sofficità/porosità del terreno. Dovendo usare del letame impellettato, è meglio polverizzare i cilindretti frantumandoli, e incorporare della materia organica in più, come terriccio di foglie o torba.
Nonostante le Clematis prediligano un terreno leggermente alcalino (con un ph tra 6 e 7), una simile preparazione del terreno le farà crescere benissimo, anche se il valore del ph non dovesse essere proprio nell’intervallo indicato.
L’impianto di una Clematis è bene eseguirlo dall’autunno alla primavera, evitando giornate di gelo o giornate di forte caldo e clima secco. Prima di collocare la pianta acquistata nella buca, è consigliabile sommergere per 10-15 minuti il suo apparato radicale ancora contenuto nel vaso, per favorire l’assorbimento di acqua completo in tutta la zolla; poi si estrae (con attenzione, vista la delicatezza dei tralci) la pianta dal contenitore, possibilmente mantenendo le cannette di sostegno già presenti e cercando di non danneggiare le radici. Infine, si appoggia la pianta nella buca con una leggera inclinazione verso il supporto (muro o albero) che intendiamo offrirle per l’arrampicata, facendo in modo che i primi 10 cm circa dello stelo rimangano sotto il livello del terreno. Meglio ancora se la interriamo fino al primo nodo, cioè fino alla prima giuntura delle foglie con lo stelo: questa operazione è di vitale importanza per una crescita robusta, in quanto faciliterà la generazione di nuovi steli.
Una volta posizionata la zolla, si riempie bene la buca con il composto preparato, pressandolo delicatamente e accertandosi che non siano rimaste sacche d’aria. Una cosa importantissima è la pacciamatura finale, cioè uno strato (spesso anche 10 cm) di foglie, letame ben maturo (che non tocchi lo stelo), ghiaia, corteccia, compost, pietre… ossia dei materiali che proteggano la base da bruschi innalzamenti della temperatura nei mesi estivi, e ne preservino più a lungo l’umidità necessaria.
Terminate le operazioni fin’ora descritte, arriva il momento di una abbondante innaffiatura, distribuita a pioggia, lentamente ma con costanza per diversi minuti, in modo da lasciar penetrare per bene l’acqua fino agli strati più bassi della buca, e creare umidità tutt’intorno alla zolla della pianta. I più meticolosi potranno anche adottare ulteriori accorgimenti, quali:
-interrare uno o due vasi vuoti per versarvici l’acqua dentro;
-infilare nel terreno un tubo lungo 20-30 cm, in posizione obliqua con direzione verso la zolla, per poterci versare l’acqua;
-infilare un paio di canne di bambù inclinate verso la zolla, da estrarre al momento dell’innaffiatura e creare così dei percorsi obbligati per il deflusso dell’acqua.
Tutto ciò, serve per essere sicuri che anche le radici più profonde godano di umidità. Se le innaffiature fossero fatte frettolosamente e solo in superfie, le radici tenderebbero a risalire, rischiando di rimanere all’asciutto ai primi colpi di caldo o dopo la prima volta che ci dimentichiamo di innaffiare. Quindi, meglio essere previdenti, perché i danni alle radici possono essere letali!
L’impianto in vaso, che deve avere altezza e diametro minimi di rispettivamente 50 e 30 cm circa, si pratica adottando gli stessi accorgimenti dell’impianto in piena terra: drenaggio sul fondo, terriccio poroso e ricco di materia organica, pacciamatura finale con ghiaia, foglie, corteccia, compost, ecc. ed un’innaffiatura conclusiva profonda e abbondante.
I sostegni
Le Clematis hanno steli talmente flessibili e delicati che non sono in grado di reggersi da soli fin dai primi centimetri di crescita. Quindi, dobbiamo provvedere noi con cannette, grigliati, reti, graticci o qualsiasi tutore ci venga in mente. Il supporto deve essere distanziato di circa 2 cm dalla struttura di appoggio, e deve avere spessore/diametro non superiore a 0,5-0,7 cm, per consentire ai piccioli delle foglie di abbracciare il sostegno, avviluppandosi con più giri su se stessi. Ovviamente, questo non sarebbe possibile se il diametro o la superficie da ‘abbracciare’ fosse troppo grande.
In una primissima fase, quando le foglie non sono ancora adeguatamente sviluppate, è bene utilizzare dei pezzetti di filo plastificato elastico per fissare la pianta (senza stringere, ma solo perchè possa appoggiarsi e non cadere) e dare inizio al suo sviluppo nella direzione che riteniamo migliore.
L’ombreggiatura
Vista l’esigenza che le radici possano disporre di terreno fresco ed umido, occorre procurare alla Clematis, soprattutto se non abbiamo scelto l’esposizione ottimale di est-nord/est, una buona ombreggiatura alla base, anche per creare un’effetto combinato con la pacciamatura provvista.
L’ombra si può procurare anche con dei coppi o delle arelle o della juta avvolti ai primi 30-40 cm di stelo, ma la soluzione ottimale, sia dal punto di vista dell’utilità, sia dal punto di vista dell’estetica, è quella di piantare vicino ai suoi piedi, delle piantine di portamento globoso e compatto con altezze variabili dai 20 ai 60 cm, e con un’apparato radicale che non entri in competizione con quello della clematide. Le piante predilette per questa funzione sono le Erbacce Perenni o anche le Annuali (in particolare quelle ottenute da seme), che hanno appunto radici di solito contenute e superficiali, oltre che poco bisognose di acqua e nutrienti.
Alcuni esempi di erbacee perenni per l’ombreggiatura alla base
Filipendula hybrida ‘Kahome’, Filipendula palmata ‘Rubra’, Hemerocallis (flava, hybrida ‘Stella de oro’, ma la scelta qui è ampissima se si considerano tutti gli ibridi oggi in commercio), Helianthus salicifolius ‘Low Down’, Rudbeckia hirta ‘Goldilocks, Rudbeckia hirta ‘Sonora’, Nepeta (la maggior parte delle varietà), Potentilla atrosanguinea ‘Gibson Scarlet’, Potentilla hybrida ‘Arc-en-ciel’, Potentilla hybrida ‘Etna’, Potentilla nepalensis ‘Miss Willmott’, Potentilla recta ‘Sulphurea’, Potentilla fruticosa ‘Goldstar’, Potentilla fruticosa ‘Lovely Pink’, Heuchera sanguinea ‘White Cloud’, Heuchera (tantissime varietà), Saponaria ocymoides, Campanula ‘Sarastro’, Campanula carpatica ‘Blue Clips’, Campanula carpatica ‘White Clips’, Campanula glomerata ‘Dahurica’, Chrysanthemum cinerarifolium, Chrysanthemum articum ‘Schwefelglanz’, Chrysanthemum coccineum ‘Mont Blanc’, Chrysanthemum pacificum, Artemisia arborescens ‘Poquerolles’, Artemisia arborescens ‘Powis Castle’, Artemisia ludoviciana ‘Valerie Finnis’, e tantissime altre.
Alcuni esempi di annuali per l’ombreggiatura alla base:
Impatiens, Linum, Nemophila Menziesii, Coleus, Ageratum houstonianum ‘Leilani Blue’, Incarvillea sinensis ‘Pink Fairy’, Brachycome iberidifolia, Calendula, Centaurea cyanus ‘Blue Boy’ (Fiordaliso), Collinsia bicolor, Gypsophila elegans ‘Covent garden’, Hesperis matronalis, Phacelia campanularia, Viola x wittrockiana (Viola del pensiero), ecc.
Sia tra gli esempi di erbacee perenni, sia tra quelli di piante annuali, è ovvio che poi si sceglieranno quelle che preferiamo per gli accostamenti cromatici e le tessiture, tenendo anche conto dell’esposizioni al sole, mezz’ombra od ombra in cui si trova la clematide.
Innaffiature e concimazioni
Ad ogni autunno, pacciamare con letame maturo, magari coperto con compost, terriccio, torba, foglie, ecc. È bene che la pacciamatura sia spessa almeno 8-10 cm, ed estesa per circa 60 cmq intorno alla pianta, purchè non giunga a diretto contatto con gli steli basali. Questa è sicuramente una delle operazioni più propizie per la vigoria e la salute di una clematide.
Durante i mesi invernali non occorre fare più nulla, se non proteggere le Clematis sempreverdi (come la Clematis armandii) dai venti freddi di alcuni climi particolarmente rigidi del Centro-nord, per evitare di lasciarne danneggiare le foglie.
Da fine febbraio/inizio marzo, o meglio, quando si iniziano a vedere spuntare le gemme dalle ascelle fogliari, distribuire del concime organico minerale ad alto contenuto di azoto e potassio (tipo quello per pomodori), per ottenere delle Clematis in buona salute e dei fiori grandi dai colori belli e vivi.
A partire dalla primavera, e per tutti i mesi estivi, occorre far sì che il substrato della Clematis non asciughi mai, per cui bisogna innaffiare regolarmente e con le modalità descritte sopra nella fase d’impianto. Ogni 15 giorni aggiungere un buon fertilizzante liquido per piante fiorite, che va sospeso temporaneamente alla comparsa dei primi boccioli (per non anticipare troppo le fioriture), e ripreso a fioritura avanzata.
La potatura
Questa operazione, da eseguirsi con affilate forbici da giardinaggio, incoraggia la ramificazione della Clematis e ne stimola una fioritura più abbondante.
Andrebbe eseguita tra la fine di febbraio e gli inizi di aprile, a seconda delle località e dello stato di avanzamento delle gemme, ma mai oltre la metà di aprile per non penalizzarne la fioritura.
Il taglio va eseguito sempre a distanza di 0,5-1 cm dalla prima coppia di gemme ugualmente sane e sviluppate. Inoltre, occorre eliminare tutte le foglie secche o avvizzite, i vari piccioli e tutte le parti morte a causa del freddo.
Potatura all’impianto
Dopo l’impianto, alla fine del primo inverno (tra febbraio e marzo), tutti i tipi di Clematis andrebbero potati drasticamente sopra la prima coppia di gemme sane che si incontra a partire da terra (di solito tra i 15 e i 30 cm di altezza) su ogni stelo. Queste gemme genereranno due nuovi steli, che vanno nuovamente spuntati sopra le gemme appena avranno raggiunto i 30 cm di lunghezza. Continuare questa spuntatura sino a quando si sarà ottenuta una pianta forte e ben ramificata.
Con questo tipo di potatura all’impianto, si rinuncerà molto probabilmente alla fioritura per l’anno in corso – e non è una rinuncia da poco – ma si stimolerà l’emissione di nuovi steli dalla base, nonché una buona ramificazione, garantendo alla pianta più forza, una migliore fioritura per gli anni successivi, e maggiore resistenza a eventuali malattie.
Potatura annuale
La potatura annuale di una Clematis consente di raggiungere l’obiettivo di fiori grandi, abbondanti e di fogliame folto e sano. Le Clematis vengono suddivise in tre gruppi di potatura, relativi ai differenti tempi di fioritura e, di conseguenza, ai differenti tipi di potatura.
Gruppo 1: nessuna potatura
Risulta essere il gruppo a cui appartengono tutte le Clematis che fioriscono precocemente, tra gennaio e maggio a seconda delle specie: le Clematis sempreverdi come le C. armandii e le C. cirrhosa, le C. alpina, le C. macropetala e le C. montana.
Le Clematis di questo gruppo sono in grado di fiorire copiosamente e a lungo sui rami dell’anno precedente, senza alcun intervento di potatura. Dato che quelle del gruppo 1 sono in genere le più vigorose tra le Clematis, se gli spazi (muri, recinzioni, alberi) da ricoprire sono limitati, si può procedere con una potatura di contenimento. In tal caso si procede immediatamente dopo la fioritura, per dar modo alla pianta di emettere subito nuovi steli, che potranno portare fiori l’anno successivo.
Un altro caso in cui si deve procedere con la potatura per questo gruppo, è quello in cui, dopo diversi anni, la pianta ha perso energia e capacità fiorifera. Occorrerà stimolare l’emissione di nuovi steli dalla base, tagliando vicino al suolo una parte dei vecchi steli ormai legnosi.
Le Clematis non tollerano facilmente le potature sulle parti legnose, ecco perché è meglio procedere solo su una parte e non su tutti i vecchi steli.
Gruppo 2: potatura leggera
Risulta essere il gruppo a cui appartengono tutte le Clematis che fioriscono fra maggio e giugno, anche queste sui rami dell’anno precedente. Si tratta degli ibridi a grande fiore a fioritura precoce, incluse le cultivar a fiore doppio e semi-doppio, e che generalmente sono in grado di produrre una seconda fioritura (anche se meno abbondante e con fiori semplici se i primi erano doppi) a fine estate, tra settembre e ottobre.
Tra febbraio e marzo, più precisamente quando si iniziano a gonfiare le prime gemme, occorre ripulire la pianta da tutti i rami secchi o deboli, e tagliare le foglie vecchie; poi si osserva ogni singolo stelo partendo dalla cima scendendo verso la sua base, finché non si incontra la prima coppia di gemme ben sviluppate, per tagliare il ramo a 0,5-1 cm sopra di esse.
Al termine della prima fioritura, è possibile – anzi auspicabile se si vuole ottenere una seconda fioritura in stagione avanzata – tagliare una porzione di ramo fiorifero, ma solo sulla parte erbacea, e sempre osservando la regola della coppia di gemme sane. Questo contribuirà anche allo sviluppo di ulteriori ramificazioni, ma se ciò non è indispensabile (in quanto la pianta è già ben sviluppata) per ottenere una seconda fioritura è possibile eliminare ogni fiore appena inizia a perdere i suoi petali, evitando così che la pianta spenda energie per andare a seme.
Anche per questo gruppo, a lungo andare, potrebbe verificarsi la necessità di contenere la crescita per superamento degli spazi disponibili, ma anche in questo caso è bene procedere tagliando drasticamente sul legno vecchio solo una parte degli steli, e ridurre la pianta in 2 o 3 anni invece che con un’unica severa potatura (questo per non compromettere la vita della pianta stessa).
Gruppo 3: potatura drastica
A questo gruppo appartengono le Clematis che fioriscono dopo giugno, sui rami prodotti nell’anno: gli ibridi a grande fiore a fioritura tardiva; le C. viticella, le C. texensis, le C.orientalis, le Clematis erbacee come le C. recta, le C. integrifolia e le C. heracleifolia; le C. flammula, le C. tangutica, le C. vitalba, le C. terniflora, ecc.
Le Clematis di questo gruppo potrebbero fiorire benissimo senza alcuna potatura, ma, anno dopo anno, diventerebbero vuote e spoglie alla base, fiorendo solo sulle estremità più alte. Questo può rappresentare comunque una tecnica valida, se la superficie da ricoprire è ancora molto ampia o se il supporto è un albero su cui si vogliono vedere fiori esclusivamente in mezzo alla chioma e non lungo il tronco. Resta il fatto che, di norma, in piccoli spazi, è esteticamente più interessante una fioritura che parta dal ‘basso’ lungo tutta l’altezza/lunghezza: ecco il motivo di una potatura drastica, eseguita tagliando ogni singolo stelo sopra la prima coppia di gemme sane e forti, che si incontra osservando dalla base verso l’alto. Questo produrrà l’emissione di vari nuovi steli dal terreno, che cresceranno velocemente durante la stagione e saranno adornati di fiori ad altezze più accettabili.
Personalmente, dovendo ricoprire la grondaia di un terrazzino lunga circa 2,5 metri con una C. ‘Ville de Lyon’ (ibrido a grande fiore a fioritura tardiva), ho trovato molto positiva una combinazione di potature che mi ha portato ad accorciare i vari rami principali della pianta in maniera scalare. Ora ho dei rami ormai lignificati e molto robusti che arrivano fino al punto più lontano; poi ce ne sono via via di più corti, ma sempre a formare una ‘struttura’ fissa, e tanti altri che di anno in anno escono nuovi dal terreno, o nascono come rami secondari sul legno vecchio.
Questo consente una fioritura omogenea, copiosa e prolungata lungo tutto il ‘percorso’. Questo è stato possibile proprio grazie ad un buon impianto, che ha permesso la generazione di più steli a partire dal secondo anno.
Se non conosciamo il gruppo di appartenenza
Può capitare se riceviamo una talea in regalo o perdiamo il cartellino, o per altri motivi. In questi casi, il trucco sta nell’eseguire, alla fine del primo inverno dopo la messa a dimora, la potatura all’impianto come descritto sopra.
Dopodiché, avremo a disposizione tutto il primo anno per osservare il periodo di fioritura. Se questa avviene entro la fine di maggio, considereremo la Clematis appartenente al gruppo 1 (fiori piccoli), non potando affatto, o al gruppo 2 (fiori grandi), potando leggermente. Se la fioritura avviene da giugno in poi, considereremo la Clematis come appartente al gruppo 3 e, al febbraio dell’anno seguente, eseguiremo una potatura drastica. Infine, se le foglie della Clematis sono sempreverdi, allora è certamente del gruppo 1, ovvero nessuna potatura.
La moltiplicazione di una Clematis
Da talea
Il metodo di moltiplicazione più comune, e che garantisce di ottenere una clematide identica alla pianta madre, consiste nel ricavare delle porzioni di ramo da far radicare con opportuni accorgimenti.
La prima cosa da fare è riempire dei vasetti, o delle cassette, con un substrato soffice, leggero e drenato, ottenuto mescolando in parti uguali torba e sabbia, e magari nebulizzandolo, in fase di preparazione, con del fungicida preventivo. In ogni caso, l’innaffiatura vera e propria dovrà essere eseguita dopo l’inserimento delle talee nel substrato: altrimenti, compattandosi, renderebbe più difficile l’inserimento in profondità delle talee stesse, e la dispersione della polvere radicante nel tragitto attraverso il composto.
Il periodo consigliato è quello tra marzo e giugno. Si scelgono le parti mediane di uno stelo forte e vigoroso, quindi si escludono sia la punta, che è troppo tenera, sia la base, che è troppo legnosa. Dalla parte utile così ottenuta, si potranno ricavare più talee, tagliando tra due nodi: il primo taglio 4-5 cm sotto una coppia di foglie, il secondo taglio circa 1 cm sopra la stessa coppia di foglie.
Occorre poi eliminare tutte le foglie ad eccezione di una o due (purché siano sullo stesso lato), in quanto la loro presenza provoca una dispersione di umidità, che è invece essenziale fino alla radicazione.
Una cosa importante è la massima pulizia delle lame che si utilizzano per il taglio, onde evitare il rischio di malattie fungine. Le piccole porzioni ottenute (circa 5-6 cm ognuna) andranno immediatamente immerse in acqua perché se si asciugano, anche per pochissimi minuti, saranno davvero riluttanti a radicare.
Una volta preparate le porzioni di ramo, le toglieremo dall’acqua e le spolverizzeremo alla base con un ormone radicante. Prima dell’ormone, se alcune talee si presentano piuttosto legnose, è opportuno decorticarle appena di qualche millimetro su un lato alla base, usando una lama molto tagliente.
A questo punto occorre inserire le talee pronte nei vasetti, rendere ben salda la talea pigiando leggermente il substrato con le dita, ed innaffiare delicatamente, perché l’umidità costante del terreno è fondamentale per la radicazione.
I vasetti andranno poi riposti in un luogo arieggiato e luminoso, ma al riparo dai raggi del sole, e controllando assiduamente che non si verifichino sbalzi termici e soprattutto idrici. Etichettare i vasetti con il nome esatto della pianta madre: mai affidarsi alla memoria!
A fine estate controllare lo stato delle radici, che impiegano circa 4-6 settimane a formarsi, a seconda della varietà. Se queste si sono allungate di circa 6-7 cm è bene riporre le talee in vasetti singoli, nel caso fin’ora si trovassero insieme ad altre nella stessa cassetta. Il vasetto nuovo dovrà misurare 10-12 cm, non di più. Passare ad un vasetto di misure più grandi solo quando le radici avranno riempito il precedente.
La radicazione di una talea è piuttosto facile con C. alpina, C. tangutica, C. montana; è mediamente facile con C. macropetala, C. viticella e ibirdi a grande fiore; è più difficile con C. texensis e C. armandii.
La nuova clematide sarà pronta per essere messa a dimora definitiva dopo un anno circa, ma dipende molto dal suo aspetto più o meno sano e forte. Se appare ancora debole e incerta, è bene conservarla ancora un anno in un vaso, e ripararla, soprattutto in inverno, dai freddi intensi e dai venti.
Da propaggine
Questo metodo di moltiplicazione, da effettuare in tarda primavera, consiste nel piegare delicatamente fino al suolo un lungo ramo della clematide, ed interrarlo parzialmente; lo si può interrare direttamente nel terreno, o in un vaso capiente (circa 4-5 litri) riempito con un composto di torba e sabbia in parti uguali.
Il tratto da interrare dovrà essere inciso, a circa 4-5 cm di distanza da un nodo, con una lama molto affilata, e facendo attenzione ad incidere solo la parte semilegnosa più esterna per circa 2 cm longitudinalmente. Su questa incisione spolverizzare un po’ di ormone radicante.
Una volta effettuata tale operazione, si interrerà la parte trattata sotto 2-3 cm di terriccio, e la si fisserà con del fil di ferro piegato ad ‘U’.
Il terriccio dovrà essere mantenuto sempre umido, cosa che sarà favorita da una pacciamatura di ghiaia o sassolini, idonei anche a tenere ben ferma la nostra propaggine.
Nell’arco di circa un anno la propaggine avrà radicato, cioé si sarà formato un apparato radicale indipendente dalla pianta madre, nel punto in cui abbiamo praticato l’incisione. A questo punto si può tagliare il ramo in modo da separarlo dalla pianta madre, e poter trasferire la nuova pianta nella dimora preferita… magari ancora un altro anno in vaso, piuttosto che in piena terra, per consentirle di rafforzare le sue radici.
Da seme
La propagazione di Clematis da seme rappresenta il metodo più difficile e dai risultati meno certi, non solo di riuscita, ma anche con riferimento al tipo di clematide che ne risulterà.; Normalmente i semi di specie tipiche di Clematis genereranno piante indistinguibili dalla pianta madre, salvo la possibilità che sia avvenuta un’ibridazione tramite il polline di clematidi vicine.
I semi dei vari ibridi di Clematis, invece, genereranno piante da molto simili a molto differenti dalla pianta madre. Con tutto questo, in ogni caso c’è sempre molto fascino nella semina, e i più pazienti potranno anche ottenere la sorpresa di una nuova varietà molto bella.
I semi si raccolgono in autunno, quando l’infiorescenza che segue al fiore si secca, diventando di color marrone. La scelta migliore consiste nel seminare immediatamente; in caso contrario, è bene conservare i semi raccolti in ambiente molto fresco e areato.
Occorrerà riempire dei vasetti (possibilmente piuttosto profondi, dato che molte clematidi emettono lunghe radici iniziali) con un composto da semina, ben drenato, preventivamente bagnato, pressandolo bene. I semi andranno distribuiti a distanze minime di 1 cm l’uno dall’altro, sulla superficie, per poi essere coperti con un sottile strato di terriccio e sabbia, per uno spessore massimo di 5 millimetri.
Tenere parzialmente immersi i vasetti in un contenitore con dell’acqua miscelata ad apposito fungicida, e sollevarli quando si noterà stillare l’acqua in superficie.
I vasetti così trattati andranno riposti in una serra fredda molto luminosa, ma non alla luce diretta del sole. Il terriccio andrà inumidito costantemente, senza però renderlo saturo d’acqua. Non dimenticarsi mai l’etichetta con il nome della pianta genitrice.
I tempi di germinazione variano da un minimo di circa 6 settimane per le specie tipiche e le varietà a fiore piccolo, fino a anche a 3 anni (se le condizioni non sono ottimali) per gli ibridi a fiore grande – per cui di pazienza ce ne vuole davvero tanta!
Quando le plantuline avranno raggiunto circa 5 cm di altezza, dovranno essere ripichettate in singoli vasetti con diametro di circa 10-12 cm, che è sempre bene conservare in luoghi ombreggiati e riparati, purché molto luminosi. In questa fase sono opportune delle concimazioni specifiche per rafforzare e nutrire le giovani piantine.
Nel momento in cui le radici avranno occupato tutto il vasetto, trasferire la giovane piantina in un vaso più grande e farla irrobustire prima di darle una collocazione definitiva. I fiori arriveranno dopo qualche anno.
Possibili Problemi
Wilt, disseccamento della Clematis
Il Wilt (o disseccamento della clematide) è una condizione che sembra interessare gli ibridi a grande fiore e fioritura precoce più di altre varietà. È caratterizzato o da un crollo completo dell’intera pianta, o di alcuni dei suoi steli o ancora di parte di essi.
Di solito il Wilt colpisce proprio quando la pianta è in pieno rigoglio, ricca di boccioli e germogli, quindi è particolarmente scoraggiante per l’appassionato giardiniere. Il Wilt si può presentare anche con le piantine molto piccole, appena dopo la sistemazione nel loro punto permanente in giardino.
Il Wilt colpirà durante la notte una pianta apparentemente sana e darà l’impressione che la pianta abbia bisogno d’acqua, afflosciandosi completamente, soprattutto boccioli ed estremità.
La causa del Wilt è sconosciuta, ma la teoria più accreditata è che la causa sia un fungo, l’Ascochyta clematidina. Presumibilmente, questo è un fungo molto selettivo che può attaccare anche soltanto uno stelo, lasciando il resto della pianta sano, compreso l’apparato radicale.
Alcuni studi sulle cause esatte del Wilt sono attualmente in corso in Inghilterra, sostenuti dalla British Clematis Society e da altre associazioni; inoltre, la Royal Horticultural Society sostiene che il Wilt non sia l’unica causa dell’appassimento o del crollo di una Clematis.
Le buone notizie sono che il Wilt è raramente mortale per la pianta. Appena ci si accorge di un’aspetto piangente di germogli, foglie ed estremità superiori, occorre eliminare completamente il ramo colpito, se necessario tagliando fino al livello del terreno. Il ramo colpito dovrà essere bruciato, perché il fungo può continuare a vivere anche molti mesi al suo interno. La pianta germoglierà solitamente un nuovo vigoroso stelo da sotto terra. Ecco perchè è importante effettuare un impianto profondo, come descritto sopra: alcuni germogli latenti genereranno nuovi fusti.
Essendo la causa del Wilt ancora sotto studio, non esiste un vero e proprio trattamento specifico preventivo per questa malattia. Quindi, solitamente si consiglia di aspergere un fungicida sistemico subito dopo l’impianto, ad ogni primavera, ed eventualmente dopo una malaugurata manifestazione di Wilt. Il rimedio più consigliabile da eseguire, comunque, e che dà qualche possibilità alla pianta, è quello successivo al verificarsi del Wilt, asportando come detto le parti malate.
Una cosa importante è non confondere questo disagio della pianta con il seccume di alcune foglie, soprattutto basali, durante le più roventi temperature estive. Può succedere anche questo infatti: la differenza si nota perchè le foglie non si intristiscono/afflosciano, ma si seccano rimanendo belle turgide nella loro posizione precedente. In questo caso, la pianta si bloccherà nella sua crescita e andranno comunque tagliate dalla base le parti secche. Sempre che il terreno sia mantenuto ben umido e drenato, ripartiranno nuovi germogli.
Oidio
Questa malattia si presenta come una muffa biancastra sulle foglie e sui giovani germogli, soprattutto in condizione di forte caldo associato ad elevata umidità dell’atmosfera. L’oidio non è in genere fatale per la pianta, ma è sicuramente antiestetico, e va curato con appositi fungicidi, come ad esempio quelli a base di zolfo.
Il marciume radicale
Si tratta di una malattia rara ma solitamente fatale per la Clematis. Essa è provocata da un fungo, generalmente dopo un periodo di freddo intenso. Il marciume si manifesta con la fuoriuscita di una sostanza vischiosa e giallastra dalla base degli steli in prossimità del suolo. Di solito non ci sono rimedi, se non il tentativo di asportare tutte le parti malate e bruciarle.
Parassiti
I parassiti non presentano solitamente un grosso problema per le Clematis, poiché sono nel complesso meno ‘appetibili’ rispetto alle altre piante del giardino, e non ci sono parassiti specifici delle Clematis. Se si verifica la presenza di afidi, lumache, forbicine, ecc., dovrebbe essere applicato un trattamento simile a quello adottato per ogni altra coltura, scegliendo sia tra i comuni antiparassitari chimici, sia tra i rimedi naturali, quali una spruzzata di acqua e sapone per gli afidi, una ciotolina con della birra per le lumache e un vasetto a fil di terreno con del muschio secco per attirare le forbicine e catturarle.
Anche alcuni roditori possono rappresentare un pericolo per le clematidi, perché gradiscono nutrirsi di giovani germogli alla base, nonché di radici della pianta. In tal caso, è possibile proteggere parzialmente le radici, avvolgendo l’apparato radicale con una rete metallica o della plastica.