In questa guida spieghiamo come coltivare il melone nell’orto.
Il melone (Cucumis melo) è una pianta appartenente alla famiglia delle cucurbitacee come la zucca, l’anguria e lo zucchino. Viene consumato generalmente fresco ma può essere trasformato e utilizzato per macedonie, sciroppi di frutti e surgelato.
La coltivazione del melone si presta bene ad un orto familiare e senza troppe difficoltà sarà possibile consumare questi saporiti frutti.
BOTANICA
Il melone (Cucumis melo L.), appartenente alla famiglia delle Cucurbitaceae, è una delle specie ortive più apprezzate, soprattutto per il polimorfismo dei suoi frutti che, oltre ad essere consumati crudi a maturazione, possono essere utilizzati cotti in zuppe oppure canditi o conservati sotto sale o aceto. Proprio in virtù di questi suoi diversi impieghi, il melone è una delle piante ortive più coltivate in molti paesi europei ed extraeuropei.
Il luogo di origine del melone non è stato ancora ben accertato. La sua forma ancestrale, come per la maggior parte delle cucurbitacee, sarebbe originaria del continente Africano, da dove in seguito si sarebbe diffusa dapprima in Asia (India, Cina) e successivamente in Medio Oriente ed in tutto il bacino del Mediterraneo.
Il C. melo è una specie allogama e l’espressione del sesso determina la differenziazione tra le varietà coltivate, che possono essere distinte in piante ginoiche (solo fiori pistillati), monoiche (fiori con stami e pistilli) e andromonoiche (fiori ermafroditi e fiori maschili); queste ultime rappresentano le varietà più coltivate. Il frutto del melone deriva dall’ingrossamento dell’ovario a seguito della fecondazione degli ovuli. Dalla fecondazione alla maturazione commerciale intercorrono da 30 a 60 giorni a seconda della varietà. Il frutto è una bacca corticata di tipo speciale, detta peponide, formata da epicarpo, mesocarpo ed endocarpo. L’epicarpo è la parte esterna della bacca, il mesocarpo è formato da una parte esterna che costituisce, con l’epicarpo, la scorza. L’endocarpo è la polpa edule, poco differenziata dal mesocarpo, che comprende anche lo strato interno placentare in cui sono inseriti i semi. I semi di colore giallo o bianco latte, sono presenti in numero da 400 a 1.500 per frutto, a seconda della varietà botanica. Il peso di 1000 semi è variabile da 20 a 70 g. I semi sono edibili e le radici possono essere impiegate in medicina.
La specie comprende una vasta gamma di varietà botaniche coltivate, tre delle quali sono maggiormente diffuse in Italia: reticulatus, inodorus e cantalupensis. I frutti del C. melo varietà reticulatus sono di media grandezza e presentano una buccia sottile e corrugata, che dà origine ad una specie di reticolo; la polpa è di colore giallo-arancio e risulta essere molto dolce ed aromatica. I meloni appartenenti alla varietà botanica inodorus possono avere forma ovoidale o ellittica, con buccia sottile, liscia o rugosa, e una polpa di colore bianco o verdognolo, scarsamente profumata. I meloni appartenenti alla varietà botanica cantalupensis sono comunemente conosciuti con il nome di Cantalupi e sono caratterizzati da frutti di media grandezza, dalla buccia liscia con costolatura evidente, di colore grigio-verde tendente al giallo e dalla polpa di colore intermedio fra rosa e salmone. Sono denominati in questo modo perché furono portati nel XV secolo da missionari provenienti da lontani paesi asiatici a Cantalupo, castello pontificio situato nelle vicinanze della città di Roma. I tipi cantalupensis e reticulatus sono definiti meloni estivi e sono disponibili sul mercato nel periodo compreso tra Aprile e Settembre. I frutti sono caratterizzati da un’elevata precocità e da una scarsa conservabilità, poiché frutti definiti climaterici. I tipi inodorus, invece, sono chiamati meloni d’inverno e sono caratterizzati da una ritardata epoca di maturazione e lunga conservazione dei frutti, fino al periodo autunno-vernino. Tale caratteristica è dovuta all’assenza di climaterio e, quindi, alla ridottissima emissione di sostanze volatili tipiche dei processi di sovramaturazione.
ESIGENZE AMBIENTALI
Questa cucurbitacea è originaria dei Paesi caldi e, quindi, per un normale svolgimento del ciclo biologico necessita di temperature relativamente alte e di bassa umidità. Lo sviluppo della pianta (germinazione, fioritura e fruttificazione) pertanto, oltre ad essere condizionato da caratteri ereditari, è legato a fattori ambientali tra i quali predominano quelli climatici. Nel caso in cui non si verifichino queste condizioni, la coltura è possibile solo in coltivazione semiforzata (tunnel) o protetta (serra).
La germinazione del seme ha inizio quando la temperatura del terreno è di 13-15°C, al di sotto della quale si ha l’arresto della vegetazione per il blocco dell’assorbimento degli elementi nutritivi. Per le successive fasi vegetative della pianta le temperature ottimali dell’aria sono comprese tra 18 e 20°C per quella notturna e tra 24 e 30°C per quella diurna. Temperature troppo elevate, attorno ai 35-40°C, associate ad alti valori di umidità relativa, incidono negativamente sullo sviluppo delle piante e sulla qualità dei frutti, provocando un precoce invecchiamento degli stessi con conseguente peggioramento dei caratteri qualitativi come sapore, colore e consistenza della polpa. Il melone si adatta con facilità ai differenti tipi di tessitura del terreno. Tuttavia, i migliori risultati produttivi si ottengono nei terreni profondi, argilloso-limosi, ben drenati e nei quali siano esclusi rischi di asfissia, fertili e, soprattutto, ricchi oltre che in elementi primari, anche di oligoelementi (magnesio, calcio, molibdeno, boro e ferro).
COLTIVAZIONE
Rotazione
La coltivazione del melone deve essere inserita in una rotazione: la coltura non deve tornare sullo stesso terreno prima che siano passati 5 – 6 anni (meglio 8 – 10), pena l’attacco da parte di patogeni fungini. Non deve seguire o essere seguito da altre cucurbitacee, in quanto molti patogeni sono simili all’interno della stessa famiglia botanica. Sconsigliato anche farlo seguire a solanacee (patata, pomodoro, melanzana).
Preparazione del terreno
L’ideale sarebbe effettuare una lavorazione profonda, come un’aratura ad almeno 40 cm di profondità. Siccome in un orto familiare questo non sempre è possibile è sufficiente la classica zappatura o vangatura per preparare il terreno alla semina o al trapianto. In questa fase potete distribuire letame o compost alla dose di 4 – 5 kg per metro quadro.
Semina e trapianto
In aprile – maggio potete effettuare la semina direttamente in campo. Le date sono come sempre indicative (nelle zone del Sud Italia si può in genere anticipare) ma per coltivare il melone è importante essere sicuri che non vi siano gelate o ritorni di freddo che non sarebbero sopportati dalla pianta.
Per la semina, sul terreno preparato scavate delle piccole buche nelle quali, (a circa 2 cm di profondità) andrete a porre 3 – 4 semi. In seguito, quando le piantine saranno emerse verrà lasciata solo la migliore e le altre eliminate. Rispettate distanze di 1,5 – 2 metri sulla fila e 1 metro tra le file per permettere alle piante di svilupparsi liberamente.
In alternativa potete optare per il trapianto. In questo caso è possibile acquistare direttamente le piantine da trapiantare in un vivaio, in un negozio per agricoltura e giardinaggio, oppure effettuare la semina in semenzaio e trapiantarle nell’orto (1 pianta per buca) quando hanno 2 – 3 foglie vere. Il periodo indicato è il medesimo che per la semina. Anche in questo caso rispettate le distanze d’impianto consigliate per avere una buona produzione. E’ importante evitare di rompere il pane di terra attorno alle radici, in quanto le radici spezzate emettono sostanze cicatrizzanti che limitano l’assorbimento dell’acqua.
Cure colturali
Risulta essere consigliabile cimare (eliminare l’apice vegetativo, cioè la cima della pianta) il fusto principale sopra la 4° – 5° foglia vera e procedere allo stesso modo con i tralci laterali. In questo modo si ridurrà il numero di frutti prodotti ma si aumenterà la loro qualità e le loro dimensioni.
Le piante infestanti vanno eliminate, sradicandole, a mano o con una zappetta.
Concimazione
Il melone è una coltura abbastanza esigente e la concimazione deve mirare all’esaltazione delle potenzialità produttive e qualitative dei frutti nel rispetto dell’ambiente. Risulta essere una pianta potassofila: infatti, il potassio è l’elemento primario tra quelli di cui la coltura necessita. In ordine prioritario gli altri elementi sono: calcio, azoto, magnesio e fosforo. Per produrre 10 t di frutti la coltura asporta circa 32 kg di azoto, 5 kg di fosforo, 52 kg di potassio, 50 kg di calcio e 5 kg di magnesio. Il 70% dell’azoto, del fosforo e del potassio asportato dal terreno, si ritrova nei frutti e solo il 30% nelle foglie e negli steli. Gli elementi fertilizzanti possono essere somministrati con la fertirrigazione, che consente la regolazione dell’apporto nutritivo in conformità con le necessità della coltura. La fertilizzazione localizzata (riguardante solo la zona radicale) evita le perdite degli elementi dovute alla dispersione in aree non sfruttate dalla pianta
Irrigazione
La coltivazione del melone può essere effettuata anche in asciutto, in virtù dell’apparato radicale profondo, ma l’irrigazione aumenta la produzione. Le maggiori richieste idriche coincidono con il periodo di formazione ed ingrossamento dei frutti. E’ però importante evitare di creare condizioni di ristagno idrico ed umidità eccessiva con bagnatura di foglie e frutti che potrebbero provocare gravi marciumi. L’impiego di acqua lievemente salmastra riduce leggermente la produzione ma migliora la qualità dei frutti.
Tuttavia, le carenze idriche potrebbero rallentare l’accrescimento delle piante con effetti negativi sull’allegagione, sulla qualità e sulla pezzatura dei peponidi. L’irrigazione consente un incremento delle produzioni necessario a rendere economicamente valida la coltivazione di questa specie. In molti casi un paio di adacquate, eseguite prima dell’ingrossamento dei frutti, sono sufficienti per il conseguimento di considerevoli aumenti produttivi.
RACCOLTA E CONSERVAZIONE
La raccolta in campo inizia a luglio e prosegue fino a settembre; viene effettuata scalarmente, mano a mano che i frutti maturano. Quando il melone è maturo, il peduncolo inizia a distaccarsi dal frutto: quello è il momento ideale per la raccolta.
I meloni possono essere conservati in frigorifero per un periodo molto limitato: è’ bene quindi consumare subito i frutti raccolti.
AVVERSITA’ E DIFESA
Purtroppo il melone è soggetto a numerose malattie, sia di origine parassitaria che di origine non parassitaria. Vediamo qui soltanto le più importanti.
Malattie non parassitarie
Le malattie non parassitarie non sono causate da parassiti (funghi, insetti, batteri, etc) ma da fattori ambientali. Vengono chiamate fisiopatie. Tra quelle che possono colpire il melone ricordiamo:
Spaccature dei frutti: possono essere provocate da eccessi di irrigazione o da piogge intense.
Colpo di sole: causato dall’esposizione ai raggi del sole molto intensi, provoca la comparsa di macchie biancastre sull’epidermide del frutto.
Danni da grandine: i meloni mal sopporta la grandine che provoca ammaccature sui frutti che poi marciscono. Per questo motivo può essere utile l’impiego di una rete antigrandine.
Squilibri termici: provocati da acqua di irrigazione a bassa temperatura, che determina l’appassimento della vegetazione.
Malattie parassitarie
Oidio: chiamato anche mal bianco, nel melone è causato dai funghi Sphaerotheca fuliginea e Erysiphe cichoracearum. Si manifesta con la classica muffa bianca che ricopre le foglie arrivando a farle deformare e disseccare. Si può trattare con zolfo alla comparsa dei primi sintomi, rispettando il tempo di carenza indicato sulla confezione.
Peronospora: causata da Pseudoperonospora cubensis e una malattia comune a molte cucurbitacee. Per questo è importante non far seguire il melone ad altre cucurbitacee sullo stesso terreno. Provoca la formazione di macchie giallastre sulle foglie che seccano e cadono in caso di attacchi molto gravi.
Funghi radicali: funghi appartenenti ai generi Fusarium, Phytophthora, Pythium e Rhizoctonia provocano marciumi della radice e della base della pianta. Sono favoriti da condizioni di elevata umidità del terreno.
Anche le larve di insetti possono attaccare le radici e la base della pianta, rosicchiandole e provocandone la morte. Questi attacchi vengono effettuati soprattutto di notte ed è molto difficile trovare le larve per eliminarle manualmente.