In questa guida spieghiamo come coltivare il peperone nell’orto.
Il peperone (Capsicum annuum), è una pianta della famiglia delle solanacee come il pomodoro e la patata. I primi esemplari di peperone furono portati in Spagna da Cristoforo Colombo nel 1504; probabilmente erano specie piccanti, impiegate come spezie. Attualmente è un’importante coltura orticola in tutta Italia.
La coltivazione del peperone in un orto familiare è molto comune e può dare grandi soddisfazioni. Il peperone inoltre può essere consumato fresco, cotto e conservato e usato in moltissime ricette. Povero di calorie e ricco di vitamina C è un importante alleato per la nostra salute.
CARATTERISTICHE BOTANICHE
Il peperone ha un apparato radicale costituito da un fittone e da numerose radici secondarie ed arriva in genere a 30 cm di profondità. Questo apparato radicale non fornisce di solito un valido sostegno alla pianta carica di frutti, che necessita quindi di un tutore.
La pianta può raggiungere un’altezza di 1 metro, in funzione della cultivar e delle caratteristiche ambientali e di coltivazione.
I fiori si formano all’ascella delle foglie e delle ramificazioni e sono di colore bianco.
Il frutto, che viene consumato, è una bacca di forma, dimensione e colore molto variabili, a seconda della cultivar. Anche le caratteristiche gustative sono molto variabili e possono andare dal dolce all’estremamente piccante.
Le regioni maggiormente interessate dalla coltura sono la Sicilia (23 per cento), la Puglia (15 per cento), la Campania e il Lazio (11 per cento). In queste regioni, tuttavia, le realtà produttive sono molto diverse: in talune prevale la coltivazione in pien’aria, in altre quella protetta. Nonostante la maggiore diffusione della coltura del peperone si registra nelle regioni meridionali, si ritiene che nel nostro Paese la patria d’adozione del peperone è il Piemonte (specie nella zona di Carmagnola), dove si producono le qualità più pregiate.
Nell’area carmagnolese le varietà di peperone appartengono a quattro tipi morfologici: Quadrato, Lungo o Corno di bue, Trottola e Tumaticot. Il quadrato, noto come il “Quadrato d’Asti”, presenta forma quadrata a tre o quattro punte, altezza non superiore a 1/3 della larghezza, picciolo staccato al nodo, maturazione di almeno 1/3 della bacca, sapore dolce, colore giallo o rosso, ottimo contrasto con il verde, spessore del pericarpo minimo di 3 mm.
Il Lungo o Corno di bue: presenta forma conica molto allungata con 3-4 lobi, forma regolare dei frutti con superficie leggermente scanalata, apice estroflesso, attaccatura del picciolo leggermente infossata, lunghezza superiore a 20 cm, picciolo staccato al nodo, maturazione di almeno 1/3 della bacca, sapore dolce, colore giallo o rosso, spessore pericarpo minimo di 2 mm, polpa compatta e adatta alla conservazione, colore molto stabile nei liquidi di conserva.
Il Trottola presenta forma cuoriforme, picciolo staccato al nodo, maturazione di almeno 1/3 della bacca, sapore dolce, colore giallo o rosso, spessore pericarpo minimo di 3mm.
Il Tumaticot presenta forma tondeggiante schiacciata ai due poli, picciolo staccato al nodo, maturazione di almeno 1/3 della bacca, colore giallo o rosso, spessore pericarpo minimo di 2 mm. Altrettanto famosi sono il “Corno di Toro”, coltivato Campania, il“Calabrese Verde” e il “Siciliano”.
Il Cayenna è una cultivar che ha un accrescimento contenuto ed è coltivata in pieno campo dove, grazie alle sue dimensioni ridotte ed alle limitate esigenze idriche e nutrizionali, rende possibile una densità intorno alle 35.000 piante/ha. Appartiene alla classe di maturità medio precoce ed è caratterizzata dalla produzione di un abbondante apparato fogliare, mostra un buon livello di allegagione anche durante periodi molto caldi con temperature al di sopra dei 35°C. Tipica cultivar da mercato fresco, con bacca di forma conica, stretta e allungata (10 cm circa) che a maturazione vira al rosso vivo, con polpa piccante e sottile. Il Ciclo colturale ha una durata di 95 giorni. La raccolta inizia a fine luglio e si protrae per tutta l’estate
Il Montero è una cultivar ibrida, a maturazione medio precoce, con portamento semieretto ed ottima copertura fogliare; frutto rosso, a 4 lobi, di forma rettangolare, allungato (20 x 9 cm). Adatta alla coltivazione in serra e pieno campo. Il Ciclo colturale ha una durata di 110 giorni. La raccolta inizia a fine luglio e si protrae per tutta l’estate. Resiste meglio a temporanei stress idrici e mostra un buon livello di allegagione anche con temperature oltre i 28°C. È resistente al TMV.
Il Settebello è una cultivar ibrida, di media vigoria, con internodi corti; bacca allungata e rettangolare (17 x 10 cm), con 3-4 lobi e peso di circa 350 g. Polpa spessa, liscia e gialla. La cultivar allega facilmente nei periodi critici (stress termici ed eccesso di caldo) ed è adatta alla coltivazione in serra e in pieno campo. Il Ciclo colturale ha una durata di 110 giorni. La raccolta inizia a fine luglio e si protrae per tutta l’estate. Resiste meglio a temporanei stress idrici e mostra un buon livello di allegagione anche con temperature che superano i 28°C). È resistente al TMV.
La Ciliegia piccante è una cultivar standard, molto contenuta, di facile coltivazione per le dimensioni ridotte; la bacca, del diametro di 2 cm, ha polpa sottile, forma tondeggiante e liscia, piccole dimensioni. È tipica cultivar da mercato fresco. Il ciclo colturale ha una durata di 95 giorni. La raccolta inizia a fine luglio e si protrae per tutta l’estate.
Il Topepo rosso ha una bacca che ha polpa discretamente spessa, forma tondeggiante-globosa. E’ adatta alla coltura da pieno campo ed è destinata al mercato fresco. E’ particolarmente apprezzata in alcune zone per la preparazione di peperoni sottaceto. Il ciclo colturale ha una durata di 95 giorni. La raccolta inizia a fine luglio e si protrae per tutta l’estate.
Il peperone di Senise, pianta dotata di elevato potere di rusticità, non è ascrivibile ad alcuna cultivar ufficialmente riconosciuta ma risulta un ecotipo localmente diffuso. Il frutto del peperone di Senise, per quanto simile al “Corno di toro” campano, se ne differenzia per alcuni elementi che lo rendono nel complesso unico e quindi tipico; tra questi, il fatto che il picciolo non si stacca dalla bacca neanche ad essicazione avvenuta, permettendo la legatura dei peperoni tra loro per la realizzazione delle cosiddette “collane”. Inoltre il frutto è caratterizzato da uno spessore sottile e da un basso contenuto in acqua del pericarpo, questo consente una rapida essiccazione che è praticata secondo metodi naturali per esposizione diretta ai raggi solari. La tradizione di ridurre in polvere il peperoncino risale probabilmente al 1600 quando, considerate le grandi quantità di peperone prodotte e le difficoltà di commercializzare per intero il prodotto fresco, alcuni coltivatori ebbero l’idea di polverizzarlo, allargando anche le sue possibilità di impiego. La polvere finissima ricordava quella già conosciuta dello zafferano: non a caso ancora oggi questo peperone è chiamato in dialetto “zafarano”
Molto noto è anche il “Peperone di Pontecorvo“, particolarmente coltivato nella bassa Ciociaria, una delle zone in cui questa coltura è stata introdotta con successo da più tempo. Qui, infatti, il peperone si è ben adattato alle caratteristiche ambientali dell’area, perfezionando alcuni caratteri di rusticità delle prime forme introdotte nella zona. La cultivar di peperone prodotta nel territorio pontecorvese non è ascrivibile a nessuna delle cultivar ufficialmente riconosciute. La pianta di medio sviluppo, con notevoli ramificazioni, presenta caratteristiche proprie della specie Capsicum Annum.
Quale Varietà Coltivare nell’Orto
Come si è potuto notare la scelta può essere notevolmente ampia anche se il piccolo coltivatore non può disporre di parecchie varietà destinate ai produttori di professione. Comunque alcune varietà ibride sono presenti anche nei cataloghi di ditte che effettuano le vendite per corrispondenza. Inoltre diversi vivaisti orticoli vendono, pure in limitate quantità, piantine di varietà ibride o di selezioni che, oltre alle apprezzabili caratteristiche dei frutti, possiedono resistenza o tolleranza verso temibili malattie del peperone. Verso queste ultime è opportuno orientarsi specialmente nelle zone in cui la presenza delle malattie rende problematica la coltivazione del peperone.
In un piccolo orto sono però da pro-vare anche varietà che non si conoscono o sono poco consuete nelle propria area geografica. Si possono perciò proporre per la coltivazione alcune piante di varietà a forma di corno e/o conica, oppure ancora a forma di pomodoro. Interessanti, anche oltre la semplice curiosità, sono i peperoni colorati di cui si può consigliare una prova specialmente agli appassionati di questa coltura ed a chi vuole conoscere varietà poco consuete.
ESIGENZE AMBIENTALI
I terreni ideali per la coltivazione del peperone sono quelli di medio impasto, con una buona dotazione di sostanza organica, pH 7 – 7,5 e un buon drenaggio dell’acqua. Terreni troppo basici possono impedire l’assorbimento di alcuni elementi nutritivi, con riduzione della produzione e della qualità.
La temperatura ottimale per la crescita è di 25 °C di giorno e 16 – 18 °C di notte. Improvvisi abbassamenti di temperatura possono causare deformazioni del frutto.
COLTIVAZIONE
Nella coltivazione del peperone in un orto familiare bisogna evitare di farlo seguire ad altre solanacee (patata, melanzana, pomodoro), cucurbitacee (zucche, zucchini, melone, anguria) e chenopodiacee (spinacio, bietole) per evitare attacchi parassitari e l’insorgere di malattie comuni a queste specie.
Molto indicata invece la successione con aglio o cipolla, oppure, nel caso di coltivazioni su grandi superfici, con cereali come frumento, orzo o mais.
Preparazione del terreno
La coltivazione del peperone si avvantaggia di lavorazioni profonde (arature a 30 – 40 cm), ma questo non sempre è possibile in un orto familiare. Nel caso di terreni argillosi o compatti è bene eseguire le lavorazioni in autunno in modo da esporre il terreno all’azione degli agenti atmosferici.
In un orto familiare è importante zappare o vangare in profondità il terreno, incorporandone 3 – 4 chili a metro quadrato di letame oppure di compost.
Il peperone si avvantaggia notevolmente della fertilizzazione organica perché questa, oltre a svolgere una funzione nutritiva, assolve un ruolo fondamentale quale ammendante del suolo, influendo sulle caratteristiche fisiche del terreno. Perciò, per la coltivazione del peperone all’interno di una rotazione pluriennale, non si deve mai prescindere dall’utilizzo della sostanza organica quale il letame o quella proveniente dalle colture da sovescio. In questo ultimo caso sono da preferire le leguminose da sovescio (veccia, favino, fava, trifoglio) che verranno sfibrate, triturate e interrate con l’aratura a 10-20 centimetri di profondità. In questo modo si favoriscono i processi di umificazione della sostanza organica e si predispone il terreno al trapianto diretto sul suolo così lavorato.
Impianto
Il peperone viene generalmente trapiantato partendo da piantine acquistate in vivaio già pronte o ottenute da seme, seminati in alveoli o vasetti e poi trapiantate quando la piantina ha 4 – 6 foglie. E’ importante, nell’effettuare questa operazione, che non vi sia più rischio di gelate.
Sul terreno ben lavorato le piantine vengono trapiantate ad una distanza di 70 – 90 cm tra le file e 30 – 50 cm sulla fila. Le distanze minori sono indicate per le varietà con frutto più piccolo, come i peperoncini.
In una serra i trapianti possono essere fatti da gennaio – febbraio per ottenere produzioni primaverili, oppure ad agosto – settembre per avere produzioni invernali. In campo bisogna attendere la primavera per il trapianto, onde evitare il rischio di ritorni di freddo. Immediatamente dopo il trapianto bisogna irrigare, senza creare ristagni di acqua.
Cure colturali
Per avere una buona produzione, la coltivazione del peperone richiede qualche attenzione. Vediamo le principali operazioni da effettuare in un orto familiare.
-Rincalzatura. Nel caso del trapianto a file, la terra viene prelevata dall’interfila e addossata alle piante sulla fila. In questo modo si crea un solco tra le file, usato per l’irrigazione, e si ricopre di terreno la parte basale delle piante, favorendo la formazione di radici e l’ancoraggio del vegetale al terreno.
-Tutoraggio. Una pianta di peperone, carica di frutti, non è in grado di sorreggersi e va tutorata. In un orto familiare vengono in genere usati paletti o bastoni conficcati nel terreno vicino alla pianta. A questi la pianta viene legata, senza stringere troppo per evitare strozzature con la crescita del fusto. Risulta essere consigliabile installare i sostegni fin dalle prime fasi di crescita delle piante piuttosto che ricorrere poi a tutori di fortuna quando i peperoni hanno già subito danni e parte della produzione è compromessa.
-Concimazione. Nel corso della coltivazione si possono apportare 10 grammi per metro quadrato di nitrato ammonico-26, per 2-4 volte (20-40 grammi per metro quadrato in tutto) in rapporto alla fertilità del terreno, alla quantità di letame o di altri concimi organici usati in precedenza ed alla lunghezza del periodo produttivo.
Si dimostrano validi per sostenere la produzione che, come detto, può durare a lungo, i concimi a lenta cessione, molti dei quali contengono anche magnesio.
Per il peperone viene spesso adoperata la tecnica della irrigazione fertilizzante (o fertirrigazione), in particolare quando si adotta la pacciamatura con teli plastici e per irrigare si impiega l’apposita manichetta.
Si possono però usare anche fertilizzanti più comuni come il solfato ammonico. In ogni caso per prudenza non bisogna mai superare i 2 grammi di fertilizzante per litro d’acqua utilizzato. Il peperone inoltre, come diversi altri ortaggi, si avvale di apporti di magnesio. Il mezzo più semplice per somministrare questo elemento è quello di adoperare il solfato potassico-magnesiaco che contiene il 30% di potassio ed il 10% di magnesio. La quantità da distribuire varia dai 40 ai 70 grammi per metro quadrato.
-Irrigazione. Risulta essere molto importante, dato l’apparato radicale molto superficiale. L’apporto di acqua deve essere costante per tutta la durata della coltivazione, aumentando le dosi in corrispondenza delle maturazione dei frutti. Le carenze idriche si ripercuotono negativamente su peso, numero e qualità dei frutti.
Risulta essere importante evitare di bagnare le foglie, per non creare condizioni di umidità eccessiva che favorirebbero lo sviluppo di marciumi e malattie fungine.
In un orto familiare è comune l’irrigazione per infiltrazione laterale tramite solchi, creati con la rincalzatura. Tale tecnica evita di bagnare le foglie ma può causare ristagni idrici e danni da asfissia alle radici. E’ quindi importante impiegare un’adeguata quantità d’acqua, in modo che non permanga troppo a lungo sul terreno. Il sistema più consigliabile è quello che utilizza manichette forate poste sotto la pacciamatura o sopra il terreno facendo in modo, in questo secondo caso, che gli zampilli d’acqua non bagnino la pianta. Nelle colture protette è sempre consigliabile usare le manichette. Con le manichette è inoltre più semplice dare acqua in cui sono stati sciolti i concimi (fertirrigazione), anche se questa tecnica può talvolta risultare di esecuzione difficoltosa per un piccolo produttore.
In orticoltura biologica si irriga per prevenire, a livello dei tessuti della pianta, un eventuale stress idrico e favorire un equilibrato metabolismo. In condizioni di carenza idrica, il peperone non tende a ridurre il numero di foglie differenziate ma ne limita la loro superficie e inoltre si può avere cascola di fiori e frutticini. Se la carenza idrica si verifica quando i frutti sono ben formati si può avere la comparsa di fisiopatie quali il marciume apicale e la maculatura fisiologica (Stip) entrambe determinate sia dalla salinità che da squilibri idrici o metabolici (assorbimento del Calcio e del Magnesio). A tal proposito sono da preferire la coltivazione di cultivar più tolleranti a tali fisiopatie.
-Pacciamatura. Il peperone trae notevole vantaggio dall’adozione della pacciamatura sia nelle colture protette sia a pieno campo ed è consigliabile adottarla pure in piccole superfici. Si possono usare teli plastici neri, accoppiando possibilmente la manichetta forata per eseguire una più razionale irrigazione. Come materiale per la pacciamatura si può impiegare anche la paglia. Risulta essere possibile inoltre adottare una tecnica mista: usando ad esempio teli plastici sulle aiole e paglia nei percorsi. La pacciamatura con teli plastici neri offre il vantaggio di una maggiore precocità e di apporti d’acqua più contenuti, oltre naturalmente a ridurre al minimo o eliminare completamente i lavori di diserbo. Sono in commercio anche in limitate quantità teli derivati da amido di mais la cui durata è di 1-3 mesi e più, in rapporto soprattutto allo spessore dei teli stessi, e che dopo l’uso si interrano, risolvendo così il problema dello smaltimento. Nelle colture professionali si impiegano poi teli che riflettono la luce, capaci di disorientare gli insetti che attaccano questa coltura.
Se il peperone è coltivato in zone soggette a venti forti si ricorre all’impiego di frangiventi. A 20 giorni dal trapianto lungo il filare saranno collocati dei paletti a 6-8 m l’uno dall’altro e legati tra loro con 3-4 linee di fili di corda a diversa altezza dal terreno. La tecnica, detta del tutoraggio, ha lo scopo di ostacolare la rottura o il caricamento delle piante sotto l’azione di venti forti. Per le cultivar autoreggenti può bastare la rincalzatura; infatti apportando terreno al piede della pianta si impedisce che la stessa si spezzi sotto l’azione del vento forte. Dal momento della messa a dimora delle piantine, il peperone richiede alcuni interventi sulla pianta legati a particolari esigenze. Le cultivar a frutto grosso richiedono la sfemminellatura, operazione manuale che consiste nell’eliminazione dei getti ascellari posti nel tratto di fusto al di sotto della prima biforcazione. Infatti, i getti produrrebbero frutti di pezzatura ridotta, di qualità scadente e spesso possono dare origine a ferite sul fusto. Il momento più indicato per l’operazione è l’inizio della fioritura.
Di solito sulle piante di peperone non si eseguono cimature e potature particolari; le potature vengono effettuate solo nelle grandi coltivazioni protette, nelle quali vengono eliminati i germogli che si formano nella parte inferiore delle piante, al di sotto dell’inizio delle diramazioni e a volte si sfoltiscono le diramazioni secondarie soprattutto per migliorare la qualità dei frutti. Anche un piccolo produttore può provare a togliere i germogli che si trovano sotto le diramazioni delle piante, ricordando però che questa operazione tende a far crescere maggiormente in altezza i peperoni, che quindi devono venire ben sonetti.
RACCOLTA
Il peperone presenta maturazione scalare, quindi sulla stessa pianta sono presenti contemporaneamente frutti in maturazione e altri che devono ancora maturare. La raccolta si protrae anche per 2 – 3 mesi; è consigliabile raccogliere i frutti ogni 5 – 8 giorni.
L’irrigazione viene sospesa almeno 48 ore prima della raccolta, per evitare che i frutti diventino acquosi, insipidi e facilmente deperibili. Il numero degli interventi di raccolta è da mettere in relazione alla cultivar e alla destinazione del prodotto: il peperone è raccolto quando le bacche hanno raggiunto il completo accrescimento; con colorazione verde, oppure a maturazione fisiologica, con colorazione gialla o rossa.
Tra la maturazione verde e quella colorata passano mediamente 20 giorni. Se si raccolgono bacche che hanno raggiunto la colorazione finale (gialla o rossa), la produzione diminuisce e si ritardano le raccolte successive.
Le maggiori produzioni si ottengono raccogliendo le prime bacche allo stadio verde e quelle di fine ciclo di colore giallo o rosso. La preferenza di frutti verdi o colorati è legato ad usanze locali, al minore prezzo delle bacche verdi e a particolari aspetti di dieta.
Con l’aumentare del grado di maturazione e della pigmentazione (da colore verde a colore rosso/giallo) aumenta il contenuto di sostanza secca, zuccheri riduttori e totali, provitamina A e vitamina C. Le produzioni si diversificano notevolmente in relazione alle cultivar, al tipo di prodotto (grado di maturazione), alle densità di piante impiegate. Indicativamente, in piena aria possono ottenersi dalle 10 alle 20 t/ha nel caso di cultivar a bacche piccole, fino ad un massimo di 30-40 t/ha per gli ibridi a frutto grande e raccolti a maturazione verde.
Dopo la raccolta delle bacche, al fine di conservare e/o migliorare la fertilità del suolo, è indispensabile recuperare e compostare i residui colturali prodotti. Infatti, esaminando gli elementi asportati dalla pianta e analizzando il contenuto degli stessi negli organi vegetativi risulta che
-circa la metà di azoto, fosforo e magnesio si ritrovano nelle radici, negli steli e nelle foglie
-negli stessi organi vegetali si ritrova oltre i 3/4 dell’intera quantità asportata di potassio
-la quasi totalità del calcio asportato si ritrova negli steli e nelle foglie.
AVVERSITA’ E DIFESA
La coltivazione del peperone può purtroppo andare incontro ad una serie di problematiche causate da insetti, funghi, batteri e condizioni ambientali. Vediamo qui solo i più importanti e come intervenire in un orto familiare.
Fisiopatie: sono causate da fattori ambientali e non da parassiti. Ne sono un esempio i danni da gelate, da carenza di acqua e le scottature da colpo di sole.
Botrite: causata dal fungo Botrytis cinerea, provoca marciumi con formazione di muffa grigia e può colpire ogni parte della pianta. Si previene evitando di bagnare le foglie durante l’irrigazione.
Funghi radicali: esistono numerosi fungi che attaccano le radici del peperone e le fanno marcire, causando la morte cella pianta. Tra i principali ricordiamo la sclerotinia, la verticilliosi (causata da Verticillium dahliae) e i marciumi da Pythium. In un orto familiare l’unica misura preventiva è evitare di creare ristagni idrici eccessivi nel terreno.
Insetti: l’insetto più dannoso per il peperone è la piralide (Ostrinia nubilalis), una farfallina le cui larve danneggiano i fusti e i frutti vicino all’attacco del peduncolo, favorendo poi successivi marciumi. In un orto familiare possono essere usati preparati a base di Bacillus thuringiensis var. kurstaki, specifico per lepidotteri e innocuo per l’uomo.
UTILIZZO E CONSERVAZIONE DEI PEPERONI
I peperoni a frutto dolce si impiegano come antipasti (conservati in vari modi) per primi piatti (condimento per paste asciutte, risotti, ecc.), ma soprattutto per contorni. Per quanto riguarda i secondi piatti ed i contorni, solo prendendo in considerazione i peperoni ripieni, vi sono diverse ricette per poterli preparare. I peperoni sarebbero da consumare crudi – da soli o assieme ad altre verdure – perché in tal modo offrono il massimo del loro contenuto di vitamine, specialmente di vitamina C. Questo ortaggio si presta come pochi altri ad essere conservato sia sott’ aceto che sott’olio, anche mescolato con altre verdure (giardiniera). Lo si può inoltre benissimo congelare o essiccare.
Congelamento
Per questa forma di conservazione si utilizza il peperone precedentemente grigliato oppure cotto. In questo modo si riducono i danni da freddo perché l’ortaggio ha già perso buona parte di acqua. Non è possibile congelare il prodotto tal quale perché la formazione dei cristalli di ghiaccio, che avviene durante la fase di congelamento, comporta la rottura delle pareti cellulari del vegetale con conseguente fuoriuscita di liquido cellulare e durante lo scongelamento si assisterebbe al completo disfacimento del prodotto.
Essiccazione.
L’essiccazione è il metodo di conservazione degli alimenti più antico e più diffuso. Per una buona conservazione questo processo deve avvenire nei mesi caldi, agosto-settembre, ma rigorosamente all’ombra. Per questo tipo di utilizzazione, scegliete una varietà di peperoni di forma allungata, tipo peperoncino, che dovete infilare, dalla parte del peduncolo, con un doppio o triplo filo da cucito, utilizzando un ago piuttosto grande. Si formano in questo modo delle catene lunghe circa 50 centimetri, che vanno appese in un posto ombreggiato. Alla sera, onde evitare che l’umidità notturna faccia regredire l’essiccazione, le catene devono essere riposte in un luogo fresco, asciutto e soprattutto chiuso. Dopo circa 20 giorni il prodotto sarà completamente essiccato. Un altro sistema è quello di porre i peperoni su teli o reti, in locali asciutti e ben aerati per 3-4 giorni e poi procedere formando le catene e appendendole ad essiccare.
I peperoni essiccati si possono utilizzare nella preparazione di salumi e conserve di pesce. Inoltre si possono fare rinvenire in acqua tiepida e poi utilizzare co- me ingredienti per contorni di carne, for- maggi o nella preparazione di frittate. Un altro modo di utilizzare il peperone secco è quello di macinarlo con il frullatore e con esso insaporire zuppe (ottimo con la pasta e fagioli), pasta, sughi.